Dopo quasi un anno di indagini lo scandalo delle stock option, che aveva iniziato ad investire Apple nell’estate scorsa, sta mietendo le sue prime vittime. Saranno probabilmente Nancy Heinen, ex consigliere generale e Fred Anderson (quest’ultimo però non ancora formalmente indiziato), ex capo delle operazioni finanziarie, i primi dirigenti della Apple ad essere indagati per il loro coivolgimento nella storia.
L’accusa è di aver retrodatato le azioni date in premio ad alcuni dirigenti (tra i quali figurano loro stessi e anche Steve Jobs) in più occasioni durante il 2001, sostenendo l’esistenza di riunioni nelle quali sarebbero stati approvati i movimenti azionari concretizzatisi tempo dopo. In questo modo sarebbe stato possibile per gli imputati ottenere in una certa data azioni con il valore (maggiore) che avevano in una antecedente. La posizione del numero uno di Cupertino a tal proposito è chiara da tempo: egli era al corrente di tutto ma non ne conosceva le implicazioni finanziarie, dunque non era conscio di trarne un beneficio economico. Al momento Jobs è considerato scagionato, ma non lo sono i suoi dirigenti dell’epoca, nè tantomeno lo è l’immagine dell’azienda davanti ai propri azionisti i quali il 10 maggio voteranno per una modifica nel sistema della gestione delle azioni.
Fred Anderson, secondo il Wall Street Journal, ha accettato di pagare una multa di 150.000 dollari e riconsegnare i 3.5 milioni di dollari guadagnati con l’operazione senza però ammettere di essersi macchiato di comportamenti scorretti. Nancy Heinen invece si sarebbe misteriosamente allontanata dalla società un anno fa, in seguito a reiterati sospetti sul suo operato, anche se i suoi legali dichiarano al Boston Globe che la propria cliente è un capro espiatorio per una vicenda che coinvolge anche il CEO dell’azienda: «non c’è stata nessuna retrodatazione, la nostra cliente non ha niente a che vedere con tutto questo».
La Apple, che è solo una delle 100 aziende che al momento sono sotto indagine della SEC (Security Exchange Commission) per presunte irregolarità finanziarie, si è autodenunciata durante la scorsa estate per evitare sanzioni più pesanti ed ha anche avviato un’indagine interna. Dato il coinvolgimento di altre aziende con cui condivide parte della dirigenza e del capitale azionario (quali Disney e Pixar), la compagnia è in assoluto la più importante mai coinvolta in uno scandalo simile.