Sono 83 milioni i profili falsi su Facebook, corrispondenti all’8,7% della popolazione totale. La stima, depositata presso la SEC (Securities and Exchange Commission) è della stessa società di Menlo Park che ogni trimestre porta nuovi dati per la sua quotazione in Borsa.
L’aspetto più interessante di questa stima è la classificazione tripartita di questi 83 milioni di fake: Facebook ha calcolato che il 4,8% è composto da profili duplicati, per esempio persone che aprono due profili identici, uno per i colleghi di lavoro e altri conoscenti, l’altro per gli amici più stretti e i famigliari (in barba alla possibilità di filtrare gli accessi ai diversi contenuti del proprio profilo); il 2,4% è composto da profili nella categoria sbagliata, cioè account di profili aziendali oppure animali, residuo della fase in cui il social non aveva ancora adeguatamente sviluppato le Pagine apposite per i profili di questo tipo. Il restante 1,5%, secondo Facebook, è quello che vìola più gravemente i termini di servizio: falsi account con lo scopo di spammare sul network.
Secondo l’analisi, la percentuale degli account duplicati o falsi è significativamente più bassa nei mercati sviluppati come gli Stati Uniti, l’Australia (ma anche l’Europa), mentre è più elevata nei mercati in via di sviluppo come il sud est asiatico e il medioriente. Si tratta di stime corrette: Big F è un sito in grado più di altri di calcolare con una certa precisione il proprio numero di utenti (Twitter non lo fa, ad esempio, generando anche in Italia stucchevoli polemiche) su una base di campioni rappresentativi, soprattutto cercando di segnalare soltanto quelli attivi. Anche perché ovviamente vantando numeri giganteschi non ha certo bisogno di gonfiarli o di nascondersi, anzi necessita di appurare qualitativamente l’effettiva attività degli utenti registrati.
Tuttavia, resta sempre il problema della metrica applicata a siti come i social network. Il caso della startup musicale che ha sostenuto che l’80 per cento di clic sulla sua campagna pubblicitaria di Facebook sia venuto dai bots la dice lunga su quanto questi numeri non rappresentino ancora una piena garanzia dal punto di vista dell’advertising, ed è soprattutto agli investitori che Mark Zuckerberg deve qualche spiegazione in più.