Dall’immancabile lente d’ingrandimento del mitico Sherlock Holmes ai messaggi su Facebook, anche il mondo dell’investigazione si adatta ai tempi moderni e mutano così i procedimenti e gli strumenti usati per smascherare anche i crimini più efferati.
Se un tempo, infatti, i particolari utili agli inquirenti per risalire al colpevole di un delitto erano da ricercarsi preminentemente presso il luogo in cui questo veniva commesso, oggi, come di frequente si nota nelle notizie di cronaca nera, sono sempre più spesso email, chat, SMS e social network a “tradire” chi commette un crimine.
E proprio su Facebook, il re dei social network, si concentra sempre di più l’attenzione degli inquirenti ogni qual volta sono costretti a ricostruire i movimenti e le frequentazioni della vittima o di un sospettato di un delitto.
È notizia di oggi, ad esempio, l’arresto del presunto colpevole dell’assassinio di Anna Costanzo, avvenuto grazie al rilevamento degli accessi a Facebook effettuati direttamente dall’abitazione della vittima, accessi fatti dall’assassino sia dall’account della vittima che dal proprio account e che hanno permesso agli inquirenti di incastrare il presunto colpevole.
Questo, tuttavia, non è il solo caso in cui il social network è stato d’aiuto alle polizie di vari paesi, fornendo delle prove certe e documentate, con tanto di orari e testo di messaggi, che non poco hanno aiutato a chiarire alcune vicende diversamente non semplici da ricostruire.
Infatti, casi del genere sono accaduti altre volte, ma non sempre Facebook ha fatto “cadere in fallo” gli incauti criminali, spesso anzi i log che testimoniavano la presenza sul social network in determinati orari hanno consentito di ottenere un alibi per testimoniare la propria innocenza, come capitato ad esempio ad un ragazzino americano accusato di furto, il quale si è visto scagionare dopo 12 giorni di detenzione grazie alla conferma che, al momento del furto, stava chattando con la propria fidanzata su Facebook.
social network non più come piazze virtuali in cui passare il tempo a giocare o per discutere del più e del meno con i propri amici, ma veri e propri “schedari elettronici” su scala globale in cui un pezzo più o meno grande della nostra esistenza viene catalogata e registrata. Strumenti che, se usati per scopi come quelli sopra menzionati, assumono ancor di più una loro rilevanza sociale e giuridica.
Chissà se anche Sherlock Holmes avrebbe approvato simili strumenti per condurre un’indagine, di certo, al posto di inserzioni fittizie sui giornali e telegrammi inviati, tutti allo scopo di far uscire allo scoperto i furfanti, come si nota spesso in numerose delle sue avventure, non ci riesce difficile vederlo alle prese con messaggi diffusi via Twitter o annunci fatti su Facebook, magari con uno smartphone al posto della lente d’ingrandimento. Eh… come cambiano i tempi.