Ieri c’è stata una ecatombe di profili Facebook noti. Così l’ha definita la scrittrice e giornalista Loredana Lipperini, che una volta riavuto il suo account ha raccontato l’accaduto, senza riuscire a darsi una spiegazione: segnalazioni? Più probabilmente, una policy un po’ brutale sui profili certificati. A questo utenti è stato chiesto, infatti, di fornire i loro dati anagrafici.
Non è la prima volta che il social network blocca e riapre in poche ore una massa di account. Storicamente Facebook ha sempre preferito interventi massicci secondo un criterio determinato piuttosto che un lungo lavoro certosino di controlli, comunque lasciato al settore segnalazioni. Il fatto che fosse accaduto sia alla Lipperini che a Linda Rando (nota anche come responsabile di Writer’s Dream, il blog che le ha causato un clamoroso problema giudiziario) aveva anche nutrito il sospetto che ci fosse di mezzo qualche segnalazione a grappolo, una tecnica troll per chiudere l’account di qualcuno, se pur temporaneamente. Tanto che la stessa Rando ha così giustificato in un post la sospensione del suo profilo:
Nel caso non fosse chiaro quel che è successo, sono stata segnalata insieme a Loredana Lipperini come fake. Facebook, che raccoglie le segnalazioni più stupide e prive di senso (ho subito una sospensione dell’account di dodici ore per questa frase testuale: “ma non ti annoi a cancellare sempre i commenti? XD”. Facebook avvisa qual è il contenuto per il quale ti sospende, ho gli screen) ha pensato bene di bloccarci l’account e domandarci i documenti d’identità. Mi aspettavo anche che da un momento all’altro un ispettore bussasse alla mia porta chiedendomi di seguirlo in centrale.
La Lipperini, invece, preferisce riflettere sul suo blog a proposito del concetto di proprietà del proprio account:
La lezione è una sola: lo spazio che crediamo nostro non ci appartiene. Né Facebook, né Twitter e neanche questo blog, che è su piattaforma wordpress. C’è qualcuno che può decidere sulla nostra permanenza sul web (almeno quando si usano questi strumenti) e quel qualcuno non siamo noi.
Gli altri account sospesi
A far pensare a una precisa manovra online – di poche ore di modo da limitare i danni – sono gli altri account sospesi: si va da esponenti del Partito Radicale, a scrittrici come Eva Clesis o un altro giornalista arcinoto come Pigi Battista (quest’ultimo spesso soggetto agli strali della Rete: che sia un caso?). Dunque, la versione più ragionevole di quanto accaduto – visto che Facebook Italia non ha per il momento emesso alcun comunicato – è che si tratti della combinazione di segnalazioni a proposito della autenticità di un profilo, di cui il social ha approfittato per inserirli, quando verificata, nell’elenco dei bollini blu.
Aggiornamento, 20 novembre – h. 16.30
È giunta la risposta di Facebook Italia, che a proposito della vicenda degli account sospesi ha confermato l’ipotesi della verifica di autenticità:
Facebook ha chiesto ad alcuni suoi utenti di verificare i dettagli del proprio account. Si tratta di una procedura richiesta regolarmente a tutte le persone iscritte a Facebook, volta a garantire l’autenticità dei profili – sia che si tratti di persone comuni o di personaggi pubblici – e a mantenere alta la qualità dell’esperienza degli utenti sulla piattaforma.