«Quando un software viene installato in automatico sul tuo computer senza il tuo consenso, lo si chiama malware. Ma come va definita una applicazione Facebook che viene aggiunta al tuo profilo senza che tu lo sappia?». Domanda lecita, proveniente da Macworld. Domanda lecita, soprattutto, perchè a quanto pare tutto ciò può succedere e tutto ciò succede.
Nella settimana in cui è stata scoperta la clamorosa svista legata alla possibile violazione della privacy di qualsivoglia utente iscritto a Facebook, il social network torna pertanto sotto i riflettori per una ulteriore distorsione che l’utenza potrebbe non apprezzare. I contorni indefiniti che la privacy assume su Facebook, infatti, sembrano in questa fase aver perso il contatto con la consapevolezza dei singoli utenti, determinando pertanto situazioni simili in cui sono le brevi segnalazioni dei media ad offrire ai più informati l’opportunità di tutelare le proprie informazioni.
Il problema è stato registrato con vari siti integrati con Facebook quali Washington Post, TechCrunch, CNET o il New York Magazine. La sola visita sul sito, infatti, implica l’indicazione sul profilo della relativa applicazione. Il tutto generando due tipi di problemi:
- Non è chiaro quali siano le informazioni scambiate tra Facebook e il sito in questa fase;
- Il fatto che l’applicazione venga indicata tra quelle in uso, è un aspetto celato agli occhi di chi visita la nostra bacheca. Ciò nonostante, visitando la pagina dell’applicazione automatica è possibile vedere quali altri amici visitino le medesime pagine online. Il che significa che è sufficiente visitare un sito integrato con Facebook previa apertura di una sessione sul social network per vedere chi nella propria rete sociale ha già visitato il medesimo sito. Senza che quest’ultimo se ne possa accorgere e senza che ci si possa accorgere di altri che notano la nostra presenza.
Le prove sul campo hanno dimostrato la veridicità delle accuse lanciate da Macworld. Per verificare le applicazioni attive sul proprio account è sufficiente passare per il menu “Account” (in alto a destra sulla bacheca di Facebook) e quindi su “Impostazione applicazioni”. L’elenco risultante può essere gestito e modificato, ma ciò significa mettere mano ad informazioni automatiche e prive di previo consenso. Il che, finché si parla di CNet o Washington Post, non genera grossi problemi. Ma siccome trattasi di strumenti nuovi in grande crescita e di una procedura automatica applicata, potrebbe un domani generare forti imbarazzi nel caso in cui la tecnologia Facebook venisse adottata da siti per i quali si preferirebbe non lasciar traccia sul social network.
Per rimuovere le applicazioni “automatiche” è sufficiente cliccare sulla apposita “X” e la procedura è completata. Con una avvertenza necessaria, però: sarà sufficiente una nuova visita sul sito con sessione Facebook aperta per impattare nuovamente nel medesimo problema.
Azione premeditata o errore? Errore. La conferma giunge a Macworld da David Swain, secondo cui tali applicazioni non condividono tra network e siti ospitanti alcuna informazione. Swain, soprattutto, spiega che il team è ora al lavoro per impedire tali installazioni automatiche.
Problema risolto, o quasi. Ma le pieghe della privacy sono molte e soltanto una attenta disamina nel tempo potrà permettere di portare alla luce tutti gli ulteriori problemi che i nuovi meccanismi “social” del network possono ancora celare.