Facebook non ci sta: all’indomani della modifica al Consumer Act 2010 in Australia, che impone nuove regole sulla pubblicazione di news giornalistiche anche all’interno dei social, l’azienda americana ha deciso di bloccare la condivisione di link e notizie a tutti gli utenti e alle pagine della “terra dei canguri”.
“Il giornalismo è importante per una società democratica”, ha scritto in una nota Facebook, “motivo per cui creiamo strumenti dedicati e gratuiti per supportare le testate giornalistiche di tutto il mondo nell’innovazione dei loro contenuti per il pubblico online. Ma il guadagno ricavato dalle notizie è minimo, visto che costituiscono comunque meno del 4% dei contenuti che le persone vedono nel loro feed di news”.
Per il famoso social network, di conseguenza, la nuova legge del Governo australiano sarebbe ingiusta, anche se sono in molti a sostenere in realtà il contrario: se è vero infatti che l’azienda di Mark Zuckerberg offre un vantaggio agli editori, ovverosia quello di raggiungere una vasto numero di potenziali lettori, è anche vero che essa ottiene più introiti di quanto dichiara, grazie proprio dalla presenza di link e news, visto che la maggior parte dei suoi iscritti utilizza la piattaforma anche per tenersi informato.
Quindi, da un lato ci sono gli editori che hanno la necessità, soprattutto in questo periodo difficile, di farsi “vedere” sui social, dall’altro i network che hanno bisogno anche dei giornali per suscitare maggiore interesse nel pubblico e quindi mantenere milioni di utenti connessi. Ecco perché c’è chi ritiene corretta la presa di posizione australiana e il suo nuovo regolamento.
Facebook-Governo australiano: è scontro
Ma cosa prevede la “nuova” versione del Consumer Act? In estrema sintesi, l’ordinamento impone ai motori di ricerca e ai social network di trovare accordi con i singoli editori locali per stabilire una forma di compenso correlata all’uso delle notizie generate da questi ultimi e alle azioni di condivisione fatte dagli utenti dei loro servizi.
Secondo infatti quanto rilevato in un’indagine dalla Commissione per la libera concorrenza australiana, ai motori di ricerca come Google o ai social network più importanti vanno quasi tutti i guadagni derivanti dalla pubblicità, nonostante buona parte dei contenuti delle ricerche online o del materiale riportato su realtà come Facebook sono prodotti da aziende dell’editoria.
La nuova legge australiana mira quindi a tutelare i lavoratori del settore, in seria difficoltà a causa della pandemia, che ha messo in ginocchio l’industria editoriale locale, soprattutto per il crollo dei ricavi derivanti proprio dalla pubblicità. Cosa che ha costretto diversi giornali a chiudere o a licenziare decine di dipendenti.
La situazione resta comunque in costante evoluzione e sono in molti a sperare che Facebook torni sui propri passi prendendo esempio da Google. Il colosso di Mountain View ha compreso e si è adeguato, siglando recentemente un accordo con gli editori francesi per riconoscere loro un pagamento per le news dei quotidiani nazionali e regionali pubblicate sulla sua piattaforma, così come, proprio in Australia, ne ha firmato un altro con l’editore News Corp di Ruperth Murdoch, per integrarsi in maniera corretta all’interno del nuovo ordinamento australiano.