L’unica certezza attuale relativa all’approdo di Facebook in Borsa è nel fatto che non v’è certezza alcuna sulla direzione che assumeranno le azioni una volta collocate sul listino. Gli analisti si dividono tra quanti guardano alle potenzialità e quanti guardano ai rischi, quanti temono la speculazione quanti sperano di poterla cavalcare.
La Granite Investment Advisors interrogata da Reuters, ad esempio, è pessimista o quantomeno attendista. E la valutazione è prettamente finanziaria: Facebook è valutato 100 miliardi di dollari sulla base di un netto da 1 miliardo, il che indica un moltiplicatore “x100” clamorosamente alto rispetto alla media del mercato (tipicamente un “x12”). Occorre ricordare tuttavia come Apple sia approdato a Wall Street con un “x102” e Google con un “x218”, quindi il passato non è scevro di esempi in grado di suggerire maggior ottimismo. Ma il giudizio va anche oltre: chi intende investire su di una speculazione più solida potrebbe ad esempio guardare al titolo Microsoft, la cui quotazione è da tempo al di sotto dei limiti auspicabili in virtù di una mancanza di prospettive che tiene da anni il titolo al di sotto del suo reale valore.
Peter Yared, CBS Interactive, suggerisce invece un approccio differente: nell’era del social computing, quando la concorrenza tra i prodotti è sempre più alta ed il social networking può fare la differenza in più di un caso, Facebook va ad inserirsi in una posizione strategica che non potrà che moltiplicarne il valore. Facebook, secondo Yared, definisce l’epoca del social e tutti i gruppi che hanno definito un’epoca sono infine approdati all’orbita gravitazionale dei 200 miliardi di capitalizzazione. Secondo tale prospettiva di ampio respiro, insomma, Facebook può guardare con estrema fiducia all’IPO, senza rinunciare ad una capitalizzazione quadruplicata nel medio periodo.
Come sempre, la finanza paga in monete a due facce: su una è dipinto il rischio, sull’altra è dipinta l’opportunità. Testa o croce?
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