Non sembra essere del tutto limpido il meccanismo che ha portato le azioni Facebook dapprima ad una lievitazione del prezzo di collocamento ed in seguito al crollo del valore in tre giorni consecutivi di rosso al Nasdaq. Anche l’ultima seduta ha infatti visto le azioni cadere di ulteriori 8,9 punti percentuali, determinando un proseguimento del collasso già vissuto nella giornata precedente e soffiando così sul fuoco delle critiche a seguito di una quotazione che lascia emergere una pericolosa disparità nella diramazione delle informazioni circa lo stato di salute dei conti del gruppo.
Secondo quanto emerso (ma il tutto sarà probabilmente approfondito da indagini che la SEC ha annunciato di voler portare avanti per sgombrare il campo dai dubbi), qualcosa di unico sarebbe successo durante il collocamento del titolo al Nasdaq, qualcosa di mai sperimentato in precedenza: le azioni FB hanno visto un taglio dell’outlook prima ancora della loro quotazione, il tutto nel mezzo del roadshow durante il quale, con la famosa felpa che tanto ha fatto discutere, Mark Zuckerberg andava presso i colossi della finanza a spiegare il proprio modello di business. In quella fase la Morgan Stanley, responsabile del processo di avvicinamento al Nasdaq delle azioni di Palo Alto, spinse al rialzo le quotazioni nella convinzione di poter meglio sposare la domanda degli investitori. All’ultimo, però, è successo qualcosa.
Nell’immediata vigilia della quotazione Morgan Stanley, Goldman Sachs e JP Morgan hanno tagliato l’outlook sulle azioni Facebook, apparentemente con tre azioni indipendenti, snocciolando così in piena contemporaneità tre azioni del tutto uniche ed apparentemente immotivate: perché abbassare l’outlook se in realtà non è stata diramata alcuna informazione ufficiale che potesse portare il valore del gruppo ad una erosione tanto rapida e sostanziale? In realtà l’azione non sarebbe casuale e non sarebbe casuale neppure la contemporaneità: da alcuni responsabili Facebook, piuttosto, sarebbe arrivato un avviso secondo cui sarebbe stato opportuno tagliare le stime sul gruppo in vista di trimestrali non all’altezza di quanto prospettato in precedenza. In realtà tale possibilità era stata esplicitata anche nelle carte depositate da Facebook alla SEC, ma il tutto si celava dietro un linguaggio tutt’altro che diretto: il taglio di Morgan Stanley, Goldman Sachs e JP Morgan è avvenuto comunque molti giorni dopo l’ultimo aggiornamento della documentazione, chiaro segno del fatto che un qualche nuovo elemento determinante sia intervenuto a cambiare le carte in tavola.
Carte che, però, ha potuto visionare soltanto qualcuno.
Da dove sia arrivata la voce non è chiaro, ma è chiaro invece dove sia giunta e cosa abbia determinato: nel momento in cui le azioni andavano sul listino, i grandi investitori erano al corrente di quanto stava per accadere, mentre i piccoli investitori non erano stati ancora informati di nulla. La cosa ha determinato una disparità evidente che per qualcuno si sta trasformando in pericolosissima debacle: le prime azioni sono state vendute al prezzo di 42 dollari, addirittura al di sopra dei 38 dollari previsti per il collocamento. Dopo tre giorni le azioni del social network hanno ormai perso oltre il 26%, il valore di capitalizzazione del gruppo è a quota 66 miliardi di dollari (i 100 miliardi sono una chimera lontana e dimenticata) e le contrattazioni after-hour dell’ultima seduta hanno sfondato al ribasso anche quota 31 dollari.
Ad un quadro tanto fosco si aggiungono due ulteriori ombre. La prima è quella del Nasdaq, ove il collocamento ha portato a mezzora di black-out iniziale durante il quale le operazioni sul titolo sono state portate avanti “al buio” lasciando molti investitori senza informazioni su quanto stava per accadere. La seconda è quella della Morgan Stanley, la quale avrebbe venduto allo scoperto per coprire la forte domanda di azioni delle prime ore: così facendo parte dei titoli sarebbe stata venduta con prezzi tra 38 e 42 dollari (il range della prima giornata), con le medesime azioni acquistate in seguito dalla banca d’affari ad un prezzo estremamente minore (azione dovuta per supportare il prezzo e, in parallelo, per recuperare le azioni da elargire agli azionisti che hanno effettuato i primi acquisti).
Facebook, Morgan Stanley, Nasdaq: tutti devono delle risposte alla Security and Exchange Commission. Nel frattempo il valore del gruppo si sarebbe assestato poco sopra i 30 dollari, ossia il prezzo a cui secondo alcune ipotesi potrebbero avvenire gli acquisti dei grandi investitori. La caduta potrebbe pertanto arrestarsi o quanto meno rallentare, in attesa di un possibile rimbalzo che alleggerisca il peso dei tre giorni più duri della storia del social network. A Mark Zuckerberg non piace questo elemento, ma nel frattempo si trova con un miliardo e mezzo di dollari in tasca ed un anello al dito: il dramma è probabilmente più tra i nuovi investitori che non tra chi ha già monetizzato la grande cavalcata del social network con un’IPO che, comunque, passerà alla storia.