Il Ku Klux Klan vive, ancora, su Facebook. Caso reale o boutade che sia, il caso trascina nuovamente Facebook in terre melmose dalle quali il social network è costretto a difendersi nonostante ogni buona intenzione di rimanerne fuori. A differenza del caso italiano, però, in quello specifico del nuovo Ku Klux Klan ci si limita a stigmatizzare l’accaduto, chiudendo la pagina specifica senza uno strascico ulteriore di polemiche volte a mettere lo stesso Facebook sul banco degli imputati. Se il caso merita rilevanza speciale, però, è soprattutto per l’insieme delle regole a cui risponde: il nuovo Term Of Service che da pochi giorni funge da regolamento interno del social network.
Il gruppo sotto accusa è quello denominato “Isle of Man KKK“, il Ku Klux Klan virtuale nato sull’Isola di Man (piccola isola nel mare tra l’Irlanda e l’Inghilterra). Il gruppo, oggi chiuso, si nutriva di contenuti chiaramente razzisti contro gli stranieri che approdano sull’isola mettendo in bilico gli equilibri lavorativi ed identitari della piccola comunità. Nessun dubbio circa i contenuti: da stigmatizzare, e così è stato. Qualche dubbio, invece, è relativo alle motivazioni di fondo che hanno dato origine al gruppo, per certi versi più simile ad un’opinabile iniziativa sarcastica che non ad un autentico team di incappucciati di dubbia moralità.
Il gruppo risultava essere popolato da alcune decine di studenti della locale Ballakarmeen High School. La scuola è la prima a nutrire dubbi sul reale motore razzista dell’iniziativa, ma qualche velata smentita ed alcune pallide conferme non sono certo il contesto ideale per interpretare in modo sarcastico contenuti improbi. La richiesta della chiusura del gruppo, pertanto, giunge direttamente dalla Ballakarmeen High School, la quale non ha voluto veder coinvolto il proprio nome in una iniziativa tanto infamante. Facebook non ha esitato: la chiusura coatta del gruppo ha messo a tacere ogni altra polemica.
La chiusura del gruppo è l’interpretazione più logica e diretta della regola interna ai nuovi Termini del Servizio regolarmente votati con referendum pubblico sul network. La regola, infatti, è quella che vieta chiaramente contenuti inneggianti ad odio, pornografia e razzismo. L’applicazione della stessa, assieme all’intero complesso dei nuovi Termini del Servizio, sembra aver funzionato a dovere fin dalla prima chiamata in appello.