Attività tutelata dalla libertà d’espressione prevista dal primo emendamento oppure pratica da condannare e combattere al fine di garantire la sicurezza della collettività? La distribuzione dei file attraverso i quali realizzare pistole e altre armi da fuoco con l’ausilio delle stampanti 3D è al centro di accese discussioni, soprattutto oltreoceano. Oggi anche Facebook sceglie da che parte stare e lo annuncia ufficialmente.
Il social network in blu prende posizione e afferma che non consentirà ai propri utenti la pubblicazione né la condivisione sulle bacheche di tutorial e progetti che spiegano passo passo come costruire un oggetto potenzialmente in grado di uccidere o di ferire, se stessi e gli altri. Non è chiaro se i colpevoli dello sharing vedranno solamente sparire i loro post oppure se dovranno fare i conti con misure restrittive applicate ai loro account. Insomma, chi si macchia dell’azione potrebbe incorrere in un ban. Ecco quanto affermato da Facebook, come riportato in un articolo sulle pagine del sito CNBC.
Condividere le istruzioni su come realizzare un’arma da fuoco con le stampanti 3D non è permesso dai nostri Community Standards. In linea con la nostra policy stiamo rimuovendo questo tipo di contenuti.
Sulla vicenda è intervenuto di recente anche il presidente americano, affermando che rendere liberamente accessibili pistole stampate in plastica “non ha molto senso”. Sarà in ogni caso complesso impedire che i file da dare in pasto alle stampanti 3D per ottenere un’arma da fuoco o alcune componenti utili per assemblarla smettano di circolare sui circuiti underground, dove né i social network né le autorità governative sono in grado di esercitare un controllo costante ed efficace. Queste le parole di Hogan Gidley, portavoce di Donald Trump, raccolte la scorsa settimana da Associated Press.
L’amministrazione continuerà a valutare tutte le opzioni disponibili, facendo il necessario per proteggere gli americani, supportando al tempo stesso il primo e il secondo emendamento.