Il nuovo tentativo di lotta contro la pedopornografia su Facebook si chiama PhotoDNA, la tecnologia sviluppata da Microsoft che il popolare social network si appresta ad adottare. Facebook è la rete sociale numero uno al mondo, ed è anche il repository di fotografie personali più grande su Internet: è naturale, quindi, che si stia attrezzando per arginare una piaga sociale per la quale il Web può e deve fare qualcosa.
PhotoDNA, donato dalla Microsoft al NCMEC (National Center for Missing and Exploited Children), analizza oltre 250.000 immagini a settimana per stabilire se tra le persone ritratte vi siano bambini scomparsi, il tutto facendo leva sul riconoscimento facciale per automatizzare l’identificazione. La tecnologia sulla quale il sistema si basa, ovvero “robust hashing”, è in grado di analizzare le caratteristiche uniche di una immagine, come se fossero impronte digitali, a cui vengono assegnati dei codici o hash. Le immagini sono identificabili anche dopo che sono state alterate o tagliate. Le informazioni, infine, possono essere utilizzate per risolvere i problemi relativi alla pornografia infantile. La precisione di PhotoDNA, secondo Microsoft, arriva al 99.7%, e genera un falso allarme solo una volta ogni 2 miliardi di immagini.
Uno strumento in più in aiuto di Facebook, quindi, che attualmente basa i propri controlli semplicemente sulle segnalazioni degli utenti: il servizio di Zuckerberg sarà il primo social network in assoluto a dotarsi di un tool di questo tipo, avvalendosi di controlli automatici ed avanzate tecnologie di analisi. Come ha dichiarato Ernie Allen, direttore esecutivo del National Center for Missing & Exploited Children: «La nostra speranza e convinzione è che Facebook sarà solo il primo di molti. I servizi online stanno per diventare un luogo ostile per la pornografia infantile e pedofilia». Va ricordato come ogni giorno, approssimativamente 50.000 immagini di pornografia infantile vengono pubblicate e la diffusione del pedoporno online è qualcosa che quotidianamente torna alle cronache. Non si tratta quindi di una piccola realtà, ma di un problema enorme. Ed è qualcosa contro cui la tecnologia può fare molto.