Facebook, per voce della numero 2 del gruppo Sheryl Sandberg, si scusa: l’esperimento che tanto ha fatto discutere nei giorni scorsi è stato partorito con evidenti problemi, urtando la suscettibilità dell’utenza e lasciando trapelare alla community un messaggio con un cattivo retrogusto. Facebook non fa però alcun passo indietro e, anzi, tra le righe è facile leggere l’auto-legittimazione ad una prosecuzione degli esperimenti sugli utenti iscritti al social network.
L’esperimento è datato 2012: consisteva nel plasmare il flusso degli status sul News Feed, filtrando alternativamente quelli con mood positivo e quelli con mood negativo, misurando di conseguenza il grado di contagio possibile. L’idea è semplice: di fronte ad una alta esposizione della community a sentimenti negativi, quanto aumenta la negatività nell’approccio alla vita, alla propria bacheca e agli status riportati? Quanto sono contagiosi i sentimenti negativi o positivi dei propri amici? 689 mila utenti sono stati sottoposti al test senza avvertenza alcuna: i loro News Feed sono stati parzialmente plasmati (sia pur se non modificati in toto) e il loro sentimento è stato monitorato sulla base di algoritmi in grado di carpire le emozioni che trasudano dalle parole e dai concetti espressi.
Sheryl Sandberg si scusa, e lo fa in modo chiaro. Tuttavia non delinea alcun passo indietro, circostanziando l’oggetto delle scuse alla comunicazione correlata all’esperimento. Spiega, infatti: «È stato un esperimento per testare vari prodotti, e questo è quel che è stato; è stato comunicato male. E per questa comunicazione ci scusiamo. Non volevamo infastidire nessuno». Parole chiare, per un concetto però auto-evidente: è del tutto trasparente il fatto che Facebook non volesse urtare la sensibilità di alcuno, poiché la cosa va contro gli interessi del gruppo. Limitare alla comunicazione l’errore, però, appare dolosamente limitativo. E sebbene sia altrettanto chiaro e lapalissiano il fatto che il gruppo possa portare avanti esperimenti sull’interfaccia e sui flussi del social network, altrettanto vere sono la mancanza di trasparenza, la comunicazione tardiva di quanto effettuato e l’artificio verbale utilizzato ora per mascherare quanto accaduto.
I dubbi sui costi/benefici dei Big Data dovranno aggiungere al calderone delle considerazioni anche questo ennesimo caso: la passiva accettazione di ridurre una community relazionale a un paniere per test, infatti, rischia di sottovalutare le possibili conseguenze su community nell’ordine di oltre 1,2 miliardi di persone. Il potere implica responsabilità, poiché queste ultime sono il contrappeso unico in grado di bilanciare la situazione.
Facebook in questo caso ha artificialmente modificato gli umori di quasi 700 mila utenti: scusarsi per il modo in cui la cosa è stata comunicata è soltanto una foglia di fico, frutto di pudore e non di pentimento. Del resto nessuno ha negato che i test non possano ripetersi. Anzi, è emerso come la policy del social network abbia ammesso il concetto di “esperimento” 4 mesi dopo aver condotto lo studio pubblicato in questi giorni. Quel che non era contemplato ai tempi, ora è strutturale. E probabilmente si è già ripetuto, senza che se ne sia ancora avuta notizia (se mai la cosa verrà pubblicizzata, vista la mole di critiche raccolte).