Facebook è un sito sempre più complesso. Nessun’altra realtà del web che non fosse il motore di ricerca Google ha mai dovuto affrontare la sfida del rappresentare e mettere ordine a un intero mondo. Il social network da un miliardo di utenti si sta evolvendo verso questa direzione, consapevole di avere una massa di bit che necessitano di essere collegati alla realtà fisica del mondo. Questo sforzo è possibile soltanto con la collaborazione degli utenti.
Tom Simonite della MIT Tecnology Review ha fatto notare come Big F non fa ancora abbastanza pubblicità ad alcuni suoi editor interni. Ma lo farà presto. Si prenda il caso dell’editor dei luoghi: quanti lo conoscono? Il sistema riconosce l’utente, utilizza amicizie, spostamenti e tutte le altre attività per stimolare la migliore categorizzazione possibile dei luoghi vicini che hanno definizioni ambigue.
Un po’ a metà fra un sito di contenuti on demand e Wikipedia, Facebook ha bisogno di crowdsourcing volontario prima di lanciare il suo Graph Search in modo che funzioni al meglio. La mappatura del reale tramite inserimento di informazioni corrette diventerà sempre più importante rispetto al Facebook degli inizi e il gruppo che ci sta lavorando ha davanti a sé così tanto da fare che scherzosamente al quartier generale si chiamano “gruppo della pensione sicura”.
A differenza di un motore di ricerca tradizionale, il Graph Search è stato progettato per comprendere il significato delle frasi inserite nella query e quindi fornire risultati specifici: persone, luoghi, libri o film, interessi, che mettono in relazione due o più utenti. Non si tratta di link a pagine esterne ma di collegamenti. Tutti questi (è stato calcolato ne vengono creati 150 miliardi ogni giorno) hanno bisogno di essere indicizzati. E siccome Facebook non è un motore, gli spider possono soltanto essere i suoi utenti.
I dati delle informazioni, quelli forniti da alcune applicazioni, le pagine fan, insomma il grafo sociale di Facebok aiuta Menlo Park nella costruzione della base di questo cambiamento – lo si intuisce cliccando, ad esempio, sulla voce filosofia – ma senza gli utenti questo lavoro rischia soltanto di creare doppioni di voci: quelle dei programmatori e quelle degli utenti.
Ecco la ragione di tutti quei nudges (trilli), gli avvisi – impossibile non notarli – che da qualche tempo compaiono di continuo sui feed, in ogni parte di collegamenti con attività proprie o altrui. Incoraggiano il lavoro di catalogazione e disambiguazione delle informazioni per un’autentica conoscenza collettiva sul social.
In alcuni paesi sta andando molto bene, a quanto sembra anche in Italia molti cominciano a divertirsi a correggere le imprecisioni su luoghi conosciuti e frequentati del proprio territorio. Fenomeno abbastanza visibile se si guarda alla localizzazione dei post, che sta gradualmente migliorando.