Facebook apre alle testate giornalistiche il proprio social network. Alla fine dello scorso mese erano circolate voci che davano il gruppo di Mark Zuckerberg in discussione con alcuni grandi editori come il New York Times per ospitare alcuni loro contenuti esclusivi all’interno della piattaforma. Come riporta The Wall Street Journal, Facebook ha accelerato le trattative e probabilmente, già dalla fine di questo mese, gli utenti potranno iniziare a trovare all’interno del proprio news feed articoli di testate del calibro di New York Times, Buzzfeed e National Geographic. Il nuovo servizio è denominato “Instant Articles” e permetterà agli utenti del social network di accedere a tutte le ultime notizie senza dover lasciare la piattaforma.
Facebook si candida, così, a diventare sempre di più il baricentro della vita degli internauti offrendo non solo contenuti sociali e di intrattenimento, ma anche vera informazione. Per attirare a se nuovi editori, soprattutto quelli dubbiosi della scelta di pubblicare direttamente sul social network i loro contenuti, Facebook ha anche progettato un modello economico ad hoc. Facebook, infatti, non chiederà nessuna percentuale degli annunci pubblicitari che gli editori inoculeranno all’interno dei loro articoli. Se invece gli editori decidessero di affidare la gestione della pubblicità direttamente a Facebook, il social network tratterrebbe solo il 30% degli introiti.
Trattasi di un modello economico originale ed interessante che fa intuire come Facebook, in questa prima fase, non intenda lucrare sulle testate giornalistiche non solo per attirarle a sé con maggiore facilità, ma anche per puntare a fidelizzare maggiormente gli utenti. Infatti, maggiore è il numero di contenuti a cui un iscritto potrà accedere e più tempo passerà all’interno della piattaforma con ovvi benefici anche dal punto di vista del ritorno economico.
Instant Articles: un nuovo modello di business
Ma non è soltanto questione di quantità. Facebook ha altresì la necessità di portare qualità sulle bacheche dei propri utenti, promuovendo così maggior affidabilità e maggior passaparola sulle notizie di maggior risalto. In parte la cosa toglierebbe spazio ai contenuti attira-click contro cui la piattaforma sta già combattendo, ed in parte permetterebbe a Facebook di rivolgersi anche a nuovi inserzionisti oggi restii a legare la propria immagine ad un social network nel quale i grandi numeri hanno la meglio rispetto alla qualità dei contenuti.
Il discorso è però particolarmente delicato sul fronte degli editori. Questi ultimi, infatti, devono scegliere se alienare gli utenti dai propri siti ufficiali, scegliendo un social network come nuova piattaforma. Di fatto si tratta non soltanto di un sistema di revenue sharing, ma anche di una strategia particolarmente rischiosa. L’editore in partnership con Facebook, infatti, accetta di diventare un mero polo di produzione di contenuti, lasciando che sia Facebook a gestirli sulla base dei propri algoritmi. Così facendo l’utenza potrebbe però legarsi più al network che non al contenuto (ogni editore andrebbe infatti a portare il proprio materiale all’interno di un calderone indiffrerenziato), creando una situazione di lungo periodo dai confini del tutto indefiniti.
Per molti editori potrebbe trattarsi di un salvagente: laddove l’editoria tradizionale dimostra di non saper intercettare l’utenza, una partnership con Facebook potrebbe donare nuove opportunità e un’occasione di rilancio. A lungo andare è però Facebook ad avere in mano il pallino del gioco, potendo gestire in proprio tanto gli introiti, quanto gli algoritmi, quanto ancora l’equilibrio con i diversi partner. Per Facebook si tratta di creare un modello che l’editoria possa considerare vantaggioso, attirando a sé quanti non hanno ancora trovato la chiave per rendere remunerativo l’avvento del Web nel mondo dell’informazione.