Il “Like” di Facebook deve essere considerato l’equivalente di una affermazione verbale e quindi deve essere protetto dal Primo Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti, che sancisce la libertà di parola. Con questa dichiarazione l’azienda di Menlo Park ha dato il suo appoggio a sei impiegati licenziati per aver cliccato sul pulsante “Mi piace” di una pagina Facebook.
La pagina in questione apparteneva ad un candidato al posto di sceriffo per la città di Hampton, in Virginia. Lo sceriffo in carica, B. J. Roberts, aveva scoperto il “Mi piace” di sei dipendenti a favore del suo avversario politico e, per questa ragione, li ha licenziati. Il giudice Raymond Jackson ha dato ragione allo sceriffo, confermando il licenziamento, in quanto il “Like” su Facebook non sarebbe protetto dal Primo Emendamento.
I legali del social network di Mark Zuckerberg hanno presentato una mozione a favore di Daniel Ray Carter (uno dei dipendenti licenziati), con la quale hanno spiegato il significato del “pollice su”, che equivale ad esprimere le proprie opinioni in una piazza frequentata da persone reali:
Facebook vuole assicurarsi che le parole espresse online abbiano la stessa tutela costituzionale di quelle sui giornali, in televisione o in una piazza. […] Il Like su una pagina Facebook è un’affermazione che può essere vista dagli amici o da una vasta comunità di utenti. […] La dichiarazione di Carter è reale, quindi il click con il mouse non lo priva della protezione sancita dalla Costituzione.
Con la mozione, dopo aver illustrato il funzionamento della funzionalità, Facebook sostiene che il “Like” a favore di una persona equivale ad una affermazione verbale fatta in pubblico o ad una campagna politica per la quale si stampano t-shirt con il nome del candidato. La Corte di Appello dovrebbe quindi rigettare la decisione del giudice Raymond Jackson, in quanto anche il “Mi Piace” è protetto dal Primo Emendamento della Costituzione.