È nato un nuovo lavoro dalle parti della Silicon Valley: l’ambasciatore di Facebook. Il social network da 600 milioni di utenti ha deciso di assoldare un team di persone appositamente formate da spedire in tutto il mondo.
D’altronde, anche l’e-forum del G8 è lì a dimostrarlo: su privacy e altri concetti, ogni paese ha una sua legislazione e una sua sensibilità. In attesa di trovare – se mai fosse possibile – un accordo internazionale, Facebook sta ragionando come una vera e propria nazione, spedendo suoi ambasciatori nel mondo a rappresentarla.
La blogosfera lo definisce un nuovo “hot job”, un mestiere decisamente nuovo e contemporaneo, ma al di là delle prospettive economiche (ancora sconosciute), è interessante il contesto da cui nasce questa esigenza. Così commenta Debbie Frost, portavoce di Facebook:
“Questo è l’investimento giusto per noi, perché vogliamo avere rapporti migliori con i legislatori e i politici in Europa e nel mondo. È importante essere presenti, così la gente può avere una linea diretta, e si limitano i malintesi.”
Facebook è intenzionato a reclutare ambasciatori nel Medio Oriente, in Gran Bretagna, Spagna, Scandinavia, Germania, Europa centrale e orientale, e anche in Italia. Tutto questo in una strategia più ampia che vede la creatura di Mark Zuckerberg avere una sede a Washington a stretto contatto col governo, così come un rappresentante presso la Commissione Europea a Bruxelles. Il modello che sta adottando Facebook è identico a quello già utilizzato da Google cinque anni fa.
Se volete offrirvi per questa posizione, ecco i requisiti: una laurea, dieci anni di esperienza nel settore della politica o della comunicazione politica, o come portavoce di un media network, conoscenza perfetta dell’inglese e della lingua di destinazione, e infine una “passionate belief“.
Obiettivo: monitorare le regolamentazioni nazionali e fare gli interessi dell’azienda attraverso una sana e regolare azione di lobbying.