Paul Ceglia torna a scagliarsi contro Facebook. Dopo aver dichiarato la scorsa estate di aver diritto all’84% delle quote azionarie del social network, la cui stima economica è nel frattempo cresciuta a circa 50 miliardi di dollari, Ceglia prosegue la sua battaglia legale nei confronti di Zuckerberg, portando in tribunale delle email con le quali vuole dimostrare la bontà delle proprie dichiarazioni e di conseguenza le colpe di cui si sarebbe macchiato il fondatore del social network più famoso al mondo.
Le email risalgono al periodo tra il 2003 ed il 2004 durante il quale Zuckerberg e Ceglia sembra abbiano collaborato alla realizzazione di un portale, con precisi accordi economici grazie ai quali il secondo avrebbe avuto diritto ad un’ampia percentuale del sito, con la possibilità di aumentare la parte di proprio possesso di giorno in giorno fino al termine dello sviluppo del portale. Dapprima amichevoli, le email sono divenute rapidamente dei veri e propri scontri verbali a causa dei ritardi nella pubblicazione del sito e della volontà di Zuckerberg di rinunciare al progetto.
Se ritenute un valido elemento nel processo, la posizione di Zuckerberg potrebbe diventare piuttosto scomoda per l’attuale CEO di Facebook, che correrebbe il rischio di perdere una grossa percentuale della propria creazione. I legali del social network si dicono però fiduciosi, puntando su alcuni precedenti per truffa e possesso di stupefacenti che macchiano la fedina penale di Ceglia. Le intenzioni di quest’ultimo, infatti, sono ritenute un misero tentativo di impossessarsi di Facebook inventando una storia poco credibile.
L’attacco di Ceglia non è il primo nella storia del social network, con numerose accuse di frode e furto nei confronti di Zuckerberg. Uno degli esempi più celebri è quello relativo ai gemelli Winklevoss, compagni di studi ai tempi di Harvard del giovane fondatore di Facebook, i quali già da tempo reclamano i propri diritti nei confronti del portale. Proprio in merito a tale vicenda, negli ultimi giorni è giunta una sentenza della giustizia americana secondo cui i due gemelli non hanno diritto a null’altro che i 65 milioni di dollari pattuiti nella prima sentenza, di cui 20 in contanti ed i restanti sotto forma di quote azionarie.