C’era una volta il poke. Se la “generazione Y” è formattata attorno ai concetti di “mi piace”, “condividi” e “commenta”, la generazione precedente ha avuto un passaggio a vuoto di fronte ad un concetto mai ben compreso, mai assimilato davvero, ma che ha comunque resistito nel tempo proprio grazie a quest’aura particolare che lo ha sempre circondato: il “poke”, quel messaggio asettico inviato su Facebook più per stuzzicare un amico che non per utilità vera e propria.
“Manda un poke“, suggeriva Facebook. E molti lo facevano, senza sapere esattamente perché e cosa sarebbe successo. Nel tempo è stata chiara una cosa: il Poke non è uno strumento valido, poiché identifica una comunicazione a metà, nella quale la risposta non è immediata e che non identifica un canale attivo. Nel tempo il Poke è stato sempre più isolato e nascosto, ma non è mai scomparso. E oggi, a distanza di 10 anni dalla fondazione del sito, il Poke è ancora su Facebook a testimonianza dei tempi che furono.
Cos’è un Poke
I più giovani potrebbero conosce l’applicazione “Poke” con cui Facebook ha tentato di evolvere il concetto originario del termine. La conoscono comunque il pochi: l’app non ha mai avuto il successo auspicato, in molti l’hanno vista come semplice ostruzionismo alla crescita di Snapchat e di fatto è rimasta nell’ombra senza mai incontrare le masse. Il poke originario era però qualcosa di più semplice, nella natura e nella struttura, nonché nel significato.
Per spiegare un Poke è necessario lavorare di similitudini, poiché non v’è altro modo. Funzionalmente nasce come una sorta di colpetto sulla spalla (di qui il logo utilizzato da Facebook, raffigurante un dito pronto a stuzzicare qualcuno). Un modo per dire ad un utente “ti sto guardando, guardami”, “ti ho notato, prestami attenzione”, “voglio contattarti, sei disponibile?”. Le molteplici possibilità di contatto oggi disponibili hanno reso l’educata discrezione del Poke una sorta di formalità superata: si contatta chi si vuole (sapendo che la controparte ha tutta la libertà di rispondere o ignorare con pochi click) e non è più necessario il formalismo di una presentazione distaccata.
Agli inizi aveva anche una funzione tutta sua: era un modo per chiedere “permesso” dentro una pagina altrui e, qualora si fosse ricevuto il poke di risposta, il permesso era accordato per una settimana. Al termine del periodo di prova sarebbe stata necessaria l’amicizia per rimanere permanentemente in contatto.
Quando in rete vi sono forum sui quali compare la domanda “cos’è un Poke?“, molto spesso nella risposta v’è qualcuno che suggerisce la metafora del trillo, dello squillo al telefono. Anche questa similitudine, infatti, regge: in entrambi i casi si manda soltanto un “ping” al destinatario, cercando così di attivare una connessione non ancora attiva. Una sorta di “permesso?” sussurrato prima di entrare, un passo cauto oltre la soglia in attesa che gli sguardi si incrocino e qualcuno risponda “avanti!”.
Il poke è un “mi piace” senza oggetto, un “condividi” senza sostanza, un “commenta” senza contenuto: è il solo contatto comunicativo, senza comunicazione. Una forma preistorica di networking, insomma, un preliminare che fa parte di un codice comunicativo d’altri tempi, precedente addirittura al social network stesso (e con il quale non è infatti mai stato allineato).
Come si manda un Poke
Ancor oggi è possibile inviare un “poke”, benché ormai sia pratica del tutto abbandonata o quasi. Questi i passi necessari per trovare la funzione e completare il proprio invio:
- accedere alla bacheca di un proprio amico, o a quella dell’amico di un amico;
- sopra l’immagine di copertina, in alto a destra, bisogna cliccare sulla rotellina delle impostazioni;
- il menu che compare propone un “Manda un poke”: basta un click.
Istantaneamente, il destinatario riceverà una notifica nel quale viene comunicato che si è ricevuto un poke. Al click sulla notifica, l’utente ha a disposizione una sola possibilità in automatico: contraccambiare al poke cliccando su “Rispondi al poke”. Alla richiesta di contatto si risponde con un consenso, alla richiesta “permesso?” si risponde “avanti”. Ancora la comunicazione non ha preso il via, ma i preliminari sono espletati e il ghiaccio ormai è rotto.