La vendetta è un piatto che va servito freddo, anche se a volte come piatto può risultare del tutto indigesto. Lo sa bene tale Ravshan Usmanov, un ragazzo australiano di 20 anni per il quale vendicarsi della sua ex-fidanzata è costato caro, molto caro, tanto da essere condannato a sei mesi di reclusione. La vicenda ha come protagonista anche Facebook.
Secondo la ricostruzione dei fatti, tre mesi dopo essere stato lasciato dalla sua ragazza, Usmanov ha deciso di vendicarsi pubblicando sul proprio profilo Facebook alcune foto della ex-fidanzata nuda nelle quali, a quanto si apprende, poco era lasciato all’immaginazione.
Avvisata della pubblicazione delle foto tramite un messaggio inviato dallo stesso Usmanov, la diretta interessata aveva da subito chiesto all’ex-fidanzato di togliere le foto dal social network, ricevendo però un netto rifiuto da parte del giovane, evidentemente deciso a proseguire nella sua opera di vendetta. A quel punto, trovandosi contro un muro, alla ragazza non è rimasta che l’opzione delle vie legali, rivolgendosi alla polizia per fare finalmente ritirare le foto in questione.
L’azione degli agenti ha portato gli effetti sperati, mettendo però nei guai Usmanov, per il quale a nulla è servita la giustificazione di aver messo online le foto osè come “ripicca” per il fatto di essere stato ferito dall’ex-fidanzata, portando il giudice a cui è stato sottoposto il caso a una sentenza di condanna che prevede sei mesi di carcere per il giovane australiano.
Lo stesso avvocato del ragazzo aveva provato a sminuire l’incidente spiegando che il suo assistito aveva agito in questo modo in quanto sconvolto dal fatto di essere stato lasciato, ma per il tribunale che si occupato del caso:
Una volta che le foto sono sul Web e sopratutto su Facebook acquistano una visibilità mondiale. Danni incalcolabili possono essere fatti alla reputazione di una persona da irresponsabili pubblicazioni di informazioni attraverso Facebook.
La Corte ha così inteso scoraggiare tali comportamenti dannosi da parte degli utenti sui vari Facebook e affini, creando forse le basi affinché questo tipo di reati, che a quanto pare sono assai più diffusi di quanto si pensi, possa essere perseguito con efficienza in modo da introdurre una certa disciplina nel “mare magnum” dei contenuti che gli iscritti riversano quotidianamente sui social network.