Facebook è un social network. Facebook è IL social network. Facebook è l’unico luogo al mondo, pur se virtuale, in grado di raccogliere oltre 1,2 miliardi di persone. Di fronte ad un fenomeno mai visto prima nel mondo reale come nel mondo virtuale, troppo spesso il social network è stato francobollato come l’origine di ogni male. Terrore della privacy, origine dello stalking, causa di divorzi, pericolo per i più giovani, dipendenza per i più deboli ed altro ancora. Tuttavia, peraltro di fronte all’ineludibile presenza del social network ed all’innegabile gradevolezza e utilità dell’esserci, c’è qualcosa che si può opporre fieramente ad ognuna di queste accuse: la consapevolezza.
La consapevolezza è quel che consente di mettere la persona non soltanto al centro del sistema, ma anche nel pieno controllo dello stesso. Nel tempo Facebook ha fornito strumenti sempre più vari e potenti per poter gestire le impostazioni del social network e pertanto le modalità con cui le proprie informazioni fluiscono: così facendo il team di Mark Zuckerberg ha creato una console di lavoro nella quale ogni individuo può calibrare con sufficiente precisione ogni parametro, conoscendo con esattezza quel che sta per accadere all’atto di eseguire qualsivoglia azione.
L’unione tra gli strumenti esistenti, la conoscenza degli stessi e l’uso che ne vien fatto costituiscono a tutto tondo il concetto di “consapevolezza” che può e deve salvaguardare la presenza di 1,2 miliardi di persone in questo luogo di convivenza sociale.
Chi vede cosa?
Facebook ha fatto un lavoro di trasparenza molto valido: un semplice click sul pulsante delle impostazioni (in alto a sinistra sull’interfaccia) consente di aprire tre domande fondamentali, da cui tutto discerne: “chi può vedere le mie cose?”, “Chi può contattarmi?” e “Qualcuno mi infastidisce. Come faccio a farlo smettere?”. La prima domanda, ad esempio, consente di scegliere “chi può vedere i miei post futuri”, capire cosa vedono gli altri sul tuo diario ed altro ancora. Soltanto passando per questa sezione del sito si saprà con esattezza come fluiscono le informazioni tra le bacheche dei propri amici e non, avendo così esattamente chiaro in testa quale sia l’impatto di ciò che si porta online in un dato momento.
Con chi si sta comunicando?
Ogni qualvolta si scriva un post su Facebook occorrerebbe chiedersi chi sia il destinatario del proprio messaggio e chi non lo sia. Questo per due motivi: in primis, perché scegliere il destinatario della comunicazione significa escludere qualcuno a cui sia opportuno non far sapere certe informazioni; in secondo luogo, perché scegliere il destinatario della comunicazione significa escludere qualcuno a cui semplicemente non può interessare ciò che stiamo scrivendo poiché impossibilitato a comprenderne il significato.
La prima cosa da capire è se si intende rendere pubblico lo status, oppure se limitarlo agli amici, ai propri compaesani, oppure ad una lista predefinita di persone. Facebook consente questa scelta in modo granulare, permettendo addirittura di escludere singole identità a cui si preferisce non far comparire la comunicazione stessa. Sebbene tali scelte siano spesso ignorate, lasciando l’impostazione standard valida (spesso e volentieri quella per cui ogni informazione apparirà ai propri amici) si potrebbe creare molto rumore di fondo, oppure si potrebbero far passare informazioni di sé che si preferirebbe nascondere magari a parenti o colleghi di lavoro.
Il valore di una amicizia
Innanzitutto occorre pensare alle amicizie su Facebook come ad una risorsa finita: il limite di 5000 amicizie è tale da spingere, oltre questo livello, a creare una Pagina invece che continuare a mietere contatti. Se si usa il proprio account in fede alla natura del social network, non saranno mai più di qualche centinaia le amicizie, ossia una fotografia dei contatti di una certa natura che si possono avere nel mondo offline e in parte nel mondo online (un limite naturale identificato da una serie di teorie della sociologia vedono in poche centinaia di “amicizie” il limite generale di una community con legami di una certa natura). C’è anche qualcosa di differente dall’amicizia, però: è possibile, anche su Facebook, diventare “follower” di qualcuno, potendone così seguire le gesta anche se non si è ricevuto il consenso all’amicizia. Il caso può essere di qualche personaggio pubblico che cura su Facebook i propri contatti, ma che offre l’amicizia soltanto a veri amici. I follower (coloro i quali seguono un altro utente tramite l’opzione “segui”) possono leggere dell’altrui persona tutte le comunicazioni pubbliche portate sul social network. Laddove non vi siano limiti sulla privacy, insomma, i follower possono leggere tutto. Nel momento in cui si chiede l’amicizia ad una persona, si diventa automaticamente follower; si è “elevati” da follower ad amici soltanto se la richiesta di amicizia viene accettata.
L’esperienza sul social network insegna che elargire amicizie indiscriminatamente non paga. La migliore esperienza si ottiene circondandosi soltanto di persone realmente interessanti, di amici con cui si hanno contatti reali, evitando persone non conosciute con le quali non si ha nulla da condividere. Non è soltanto una questione di privacy (meglio non condividere informazioni personali con chiunque), ma di reale gradevolezza dell’esperienza d’uso del social network: si sta meglio circondati da amici che non circondati da perfetti sconosciuti, la cui richiesta di contatto è spesso più interessata o strumentale che non connaturata ad un vero rapporto personale. E tutto ciò senza dimenticare i bot e gli spammer esistenti sul social network: trovarsi la bacheca piena di link truffaldini sarebbe poco interessante, molto pericoloso e alquanto deludente, visto che si sceglie in prima persona chi ospitare sulla propria pagina.
Uno status è per sempre
Verba volant, scripta manent e Facebook è a metà tra le due cose: spesso si scrive come se si stesse sussurrando qualcosa nell’orecchio di qualcuno, ma in realtà si sta scrivendo nero su bianco qualcosa che rimarrà per sempre nella memoria di un server e di qualche persona.
Quando si aggiorna il proprio status, insomma, occorre piena consapevolezza del fatto che quello status testimonierà nel tempo le nostre esperienze ed il nostro pensiero. Non ci si può nascondere di fronte alla propria bacheca, perché ci sarà sempre qualcuno pronto a chiedere spiegazioni per qualcosa. Soprattutto i più giovani faticano a comprendere l’importanza della persistenza dei contenuti caricati su un social network: gli sfoghi adolescenziali potrebbero diventare facilmente un boomerang quando si va a cercare un posto di lavoro, quando si decidere di dare il via ad una carriera politica o quando, semplicemente, ci si rende conto di aver seguito miti deboli o falsi ideali.
Quel che oggi è “ora”, domani sarà “ieri”: correggere il proprio Diario (mettendo mano agli aggiornamenti pregressi) è possibile ed è probabilmente anche consigliato, ma potrebbe diventare un lavoro particolarmente periglioso qualora si debba guardare indietro di molto tempo e di molti update.
Like e spammer
Ogni qualvolta si accredita un “mi piace” ad un Gruppo o a una Pagina, occorre tener presente come tale interazione rappresenta di fatto un legame ed una attribuzione di fiducia. Colui il quale gestisce tale Pagina, infatti, ha la possibilità di cambiare l’oggetto della stessa in qualsiasi momento, coinvolgendo così potenzialmente migliaia di utenti in argomenti o opinioni arbitrarie, anche del tutto opposte a quelle originali.
Del tutto comune è l’insorgere di pagine che, facendo leva su personaggi famosi o sull’indignazione generale, rastrellano mi piace a colpi di condivisioni. Si può ad esempio creare una pagina contro la vivisezione animale, salvo poi cambiare oggetto in favore della vivisezione senza che gli utenti siano in alcun modo consapevoli della cosa. Non solo: chi ha rastrellato un alto numero di utenti potrebbe vendere tale elenco ad eventuali malintenzionati, i quali potrebbero farne uso per spam o per l’organizzazione di truffe. Va da sé, quindi, che i “mi piace”, così come le amicizie, necessitino di una azione volontaria consapevole e meditata: un profilo che elargisce “like” e amicizie senza criterio non rende merito al suo titolare e, anzi, rischia di lederne irrimediabilmente l’immagine e la reputazione.
Ci si può cancellare?
Si, cancellarsi da Facebook è possibile. Esistono due formule differenti per arrivare alla rimozione della propria identità dal social network:
- La cancellazione vera e propria, totale e definitiva, senza possibilità di tornare indietro: ogni foto, status o altro materiale scompare e non è più recuperabile;
- La disattivazione dell’account consente di scomparire da Facebook, pur mantenendo la possibilità futura di rientrarvi previo semplice login: trattasi di una cancellazione reversibile, insomma, che evita di buttare al macero anni di relazioni e amicizie virtuali.
Ogni utente ha comunque la possibilità di effettuare copie di backup della propria vita sul social network, potendo così salvare offline quanto accaduto online. Prima di procedere con una eventuale cancellazione è comunque consigliabile una profonda riflessione: agire in modo intelligente sulle impostazioni della privacy è più che sufficiente per poter continuare a vivere su Facebook senza dover rendere conto di questo ad altri utenti o a eventuali “amici” indesiderabili.
Beata consapevolezza
Tali semplici osservazioni sono puramente indicative: molti e molti altri sono gli spigoli a cui dover porre attenzione quando si approccia uno strumento potente quale Facebook. Ma non si impara ad andare forte in bicicletta se prima non si impara a frenare, perché la caduta potrebbe essere pericolosa: allo stesso modo è opportuno fare attenzione a come si utilizza Facebook fin quando non se ne conoscono i dettagli fondamentali.
Il merito del team di Zuckerberg è di aver corretto nel tempo le troppe derive intraprese a forzatura della privacy dei propri iscritti, ma il pieno controllo delle informazioni è nelle mani degli utenti. I quali non possono e non devono credere che Facebook agisca nel loro interesse, nascondendo le loro informazioni fino a decisione contraria. Tutt’altro: Facebook tenterà di rendere quanto più pubbliche le informazioni archiviate, salvo nasconderle su espressa richiesta dell’utente.
Ognuno è responsabile e protagonista della propria bacheca, quindi. Nel bene e nel male. E la consapevolezza è l’unica vera arma a disposizione.