Dimmi che profilo social hai e ti dirò chi sei. Il web non sarebbe affatto un luogo dove le persone fingono di essere quel che non sono, almeno stando agli ultimi studi sull’argomento. Un esempio viene dal mondo dei giochi social, settore che nel 2015 genererà 5 miliardi di dollari di fatturato solo negli Stati Uniti, e dove si è scoperto che chi prova a imbrogliare lo fa spesso anche nella vita reale.
Il dato viene servito da TechCrunch, dove generalmente non hanno spazio le statistiche più ovvie. Ma quelle sui bari online, coperti da segreto e quindi sinceri, consente un’opportunità di confronto molto interessante e che ha avuto un esito nient’affatto scontato: dei 120 milioni di giocatori sociali, lo studio di PopCap citato ha rilevato che più di 10 milioni di persone barano ai social games, l’11% degli inglesi e il 7% degli americani. Di questi “imbroglioni”, la metà ha ammesso di rubare anche nella vita reale: dall’asciugamani dell’hotel all’evasione delle tasse, questo comportamento online è indice tre volte e mezzo superiore di potenziale disonestà nella vita vera.
Una condizione che da psicologica diventa commerciale: gli studi confermano che il social gamer ha la sensazione che, se fatta online, la furberia non sia reato (o lo sia meno) e – ironia della sorte – mostra una propensione maggiore della media ad acquistare con soldi veri gli oggetti virtuali più disparati per proseguire nei giochi. Insomma, sono anche i migliori clienti di potenziali truffe e pratiche commerciali molto spinte. Dimostrando anche in questo caso come il profilo personale corrisponda al comportamento online.
Ancora più definitivo, perché riguarda il continente Facebook, lo studio dell’Università del Texas, intitolato «Manifestazioni della personalità online sui Social Networks: comportamenti correlati e auto-riferiti a Facebook e informazioni osservabili sul profilo», pubblicato dalla rivista accademica multidisciplinare «Cyberpsychology, Behavior, and Social Networking». I ricercatori hanno rivelato forti connessioni tra personalità reale e comportamento relativo su Facebook. Processi sociali e personalità, affermano, si rispecchiano perfettamente negli ambienti non virtuali.
Il testo è decisamente accademico, parte dai cinque tratti di personalità – Estroversione, Amicalità, Coscienziosità, Stabilità emotiva, Apertura mentale – e li confronta con i profili auto-riportati degli intervistati. Il risultato è un forte parallelo tra comportamenti mostrati e quelli correlati, cioè tra ciò che le persone dicono di essere e ciò che mostrano di essere in altri ambienti, compreso il social network. Senza entrare in eccessivi tecnicismi – basti pensare che non solo i ricercatori, ma anche le cavie erano psicologi o studenti di psicologia – il metodo ha utilizzato questro stratagemma: salvare tutti i dati di queste persone a seconda della griglia psicologica, poi nasconderli e utilizzare soltanto il profilo Facebook per cercare di farli corrispondere. È stato più facile del previsto, arrivando quindi alla conclusione che tra profili sociali e personalità reale non c’è una grande distanza.
Per quanti sforzi facciamo, insomma, per abbellirci, magari rivedendo e correggendo la nostra Timeline, l’idea che trapela è quella per cui uno psicologo sarà sempre in grado di stabilire le nostre nevrosi a seconda degli album fotografici, l’intensità degli status, i loro contenuti, le nostre condivisioni. Il che attribuisce pertanto ai social network molta più importanza di quanta probabilmente non se ne attribuisca quotidianamente durante le proprie attività online.