Facebook ha saputo per anni ed ha comunque permesso a minorenni di spendere denaro reale in-game nei videogiochi ospitati sulla piattaforma. Lo dicono i documenti portati a galla da Reveal News, che parlano di una class action iniziata nel 2012 da parte di alcuni genitori e conclusasi nel 2016. Il social network sapeva che molte delle transazioni economiche in giochi come Angry Birds erano effettuate dai bambini e senza il consenso dei genitori, ma che ha taciuto per timore di perdere ingenti profitti. Nonostante questo non è mai intervenuta e ha spesso negato le richieste di rimborso.
Il motivo dell’azione legale è stato proprio il rifiuto del social network di rimborsare i soldi spesi. Gli acquisti provenivano dai figli, effettuati con carte di credito dei genitori ma senza il loro consenso. Impressionano le conversazioni riportate nei documenti in cui si parla proprio del denaro virtuale: in particolare ciò che ha detto un risk analyst di Facebook riguardo il fatto che la moneta virtuale “al minore non sembra necessariamente denaro reale”. Non si parla di spese irrisorie, in alcuni casi i minori hanno speso centinaia di dollari, ma ci sono anche casi in cui ne sono stati spesi migliaia.
La software house Rovio, responsabile di Angry Birds, segnalò a Facebook una serie di rimborsi che recitavano come causa la “frode amichevole”. Questo è proprio il caso in cui il genitore scopre che il figlio sta usando la sua carta di credito per effettuare acquisti all’interno del gioco. Facebook trae profitto da questi introiti, precisamente il 30% di ogni transazione. Un dipendente aveva anche proposto una soluzione: bloccare i pagamenti per i giocatori sotto i 17 anni e sopra i 90 ma superata la soglia dei 75 dollari. Non è stata presa alcuna misura in tal senso. Ci sono casi di mancati rimborsi per grandi cifre: un utente di 13 anni ha ad esempio speso 6000 dollari.
In altri casi i rimborsi ci sono stati, ma almeno da questi documenti emerge come Facebook sapesse che, ad esempio, l’età media dei giocatori di Angry Birds fosse di soli 5 anni. Sapeva che questi acquisti venivano fatti da ragazzi in alcuni casi non in grado di comprendere che si trattasse di soldi veri. Tutto questo è avvenuto fino a tre anni fa, quando il colosso di Menlo Park ha aggiornato i suoi termini di adesione e policy in materia di rimborsi.