Quando pensiamo a Facebook ci viene in mente una piattaforma che ha rivoluzionato le nostre vite. Tutto vero, solo che subito dopo, compare nella testa il faccione di Mark Zuckerberg, questo lentigginoso (una volta almeno) americano di seconda generazione che sembra davvero non vivere nel lusso sfrenato che potrebbe permettersi.
E invece, Facebook è qualcosa di molto più grande, di cui forse lo stesso Mark oggi non ne conosce più i limiti. Lo ha capito bene Chris Hughes, co-fondatore del social network, che in un’intervista al New York Times ha detto:
Mark è sempre la stessa persona che ho visto abbracciare i suoi genitori mentre lasciavano la sala comune del nostro dormitorio all’inizio del secondo anno. Si tratta della stessa persona che ha studiato sodo per i test al college, si è innamorato della sua futura moglie mentre era in fila al bagno ad una festa e ha dormito su un materasso per terra in un piccolo appartamento quando avrebbe potuto permettersi molto di più. In altre parole, è umano, ma è la sua stessa umanità che rende il potere che si ritrova così problematico.
Hughes non avrebbe potuto spiegare meglio al mondo cosa è oggi Facebook. Una sorta di Leviatano che è cresciuto anno dopo anno, una piantina carnivora che si è trasformata in un albero che ingoia tutto ciò che si trova dinanzi. Tenere le sue redini è difficile, forse impossibile.
Il dubbio che ci assale si fa sempre più concreto: Zuck sa realmente quello che sta combinando? Probabilmente no. Quando sola sul palco della F8 e proclama a tutti la rinnovata importanza della privacy, magari ci crede davvero ma non riesce a scontrarsi con una realtà che racconta di tutt’altro: di un giocattolo che è in balia di sé stesso, smosso dal vento di questo o quel paese, gruppi, comunità, senza un controllo sistemico dei suoi flussi.
E non parliamo solo di face news ed episodi di live streaming che non dovrebbero esserci. Ci basiamo sugli algoritmi avanzati, sull’intelligenza artificiale, senza ricordarci che, in quanto specchio stesso della società, Facebook non può sottostare a dinamiche del genere, sicuramente tecniche e poco inclini a modellare il comportamento umano. La tecnologia, quella più spicciola, si basa sulla razionalità: machine e deep learning, IA, riconoscimento delle immagini, sono analiticamente dei software. Possono imparare quanto vogliamo dall’esperienza nel mondo reale ma restano dei software.
Lo studio della sociologia, dell’etica degli avvenimenti è tutt’altro: le scienze sociali sono meno “scienza” di quanto la nomenclatura possa affermare e, in quanto tale, la società contemporanea di Facebook non può più sottostare alle decisioni del suo deus-ex machina. Non più. Non vi sono evoluzioni possibili atti a migliorare la piattaforma, non verso un cambiamento netto ed evidente; vorrebbe dire cambiare il modo di interagire degli individui, i piani di comunicazione, i litigi, i dissensi, le appartenenze. Non vi è che una doppia scelta: Facebook si o Facebook no. Ogni altra alternativa possibile è una panacea tesa a durare solo un istante. Fino alla prossima critica; costruttiva solo per assicurare che il regno blu vada avanti, macinando soldi e finti consensi.