Quando un social è popolato come un continente non può rappresentare soltanto gli esseri umani. Una questione statistica che è stata confermata da un report di Quartz, secondo il quale dell’oltre un miliardo di utenti, soltanto 889 milioni sono persone in carne e ossa, mentre sono più di 100 milioni gli animali domestici, i marchi, i fake, le parodie, i personaggi inventati.
Insomma, quel famoso traguardo tanto celebrato del miliardo di utenti non sarebbe in realtà ancora stato raggiunto. Salvo le opportune compensazioni statistiche e i numeri comunque molto alti dell’attività sul social – che sta convincendo gli analisti più oggi di un anno fa, quando sbarcò a Wall Street – Facebook resta una creatura del web in salute, ma che molti credono abbia toccato la saturazione.
I non umani (a parte le parodie e i falsi profili) non creeranno certamente problemi a Mark Zuckerberg – tra l’altro uno dei primi ad avere creato un account per il suo cane, Beast – visto che non solo gli animali rappresentano spesso una vera mania della Rete, capace quindi di alimentare like e attività sul sito, ma anche la forte presenza di marchi, di prodotti, di oggetti, è una realtà che gli strumenti algoritmici del social possono trattare ugualmente come qualunque altro dato del grafo sociale.
La generazione WhatsApp
È la condizione generale del sito, forse, a dover preoccupare. Nelle stesse ore in cui si veniva a conoscenza di questa originale proporzione demografica del mondo Facebook, si moltiplicavano i commenti e le analisi a seguito della pubblicazione degli ultimi dati del Pew Research, che confermano la tendenza già notata l’anno scorso: i giovani preferiscono mobilità e applicazioni, sta crescendo una generazione WhatsApp che non è più web-based, ma cloud-based.
La doppia sfida per Facebook – per ora non vinta, ma comunque aperta – è non perdere troppa frequenza sul sito in versione desk e compensarla comunque con la versione mobile, arricchita da strumenti pubblicitari innovativi.