Facebook si espande in un ambiente che in fondo già conosce molto bene: gli uffici. Il social di Menlo Park sta testando con alcuni partner aziendali una nuova applicazione che offre agli impiegati la possibilità di connettersi e collaborare fra di loro usando gli stessi strumenti del social aperto, ma in modo completamente separato. Nasce così Facebook@Work, un progetto ad oggi visibile soltanto attraverso immagini ufficiali diramate dal gruppo di Mark Zuckerberg, ma ancora non accessibile dal grande pubblico.
Un’esperienza visiva simile a quella di Facebook, gli stessi strumenti: il feed delle notizie, Gruppi, messaggi ed eventi. In pratica, Facebook at Work è un Facebook per chi vuole usarlo come strumento senza sentirsi in colpa perché lo sta usando. Anzi, per dirla tutta, conviene anche alle aziende: essendo l’applicazione concepita per essere utilizzata solo all’interno delle imprese, tutte le informazioni degli impiegati sono, per l’azienda «al sicuro, protette, confidenziali e completamente separate da quelle del proprio Profilo Facebook personale» e naturalmente anche a disposizione della società stessa. I contenuti condivisi sono visibili soltanto alle persone impiegate nell’azienda che si iscrivono con questo account particolare. Una cerchia chiusa, insomma, all’interno di un ambiente protetto, per fornire alle aziende le necessarie garanzie.
Come funziona e i possibili sviluppi
In questo momento è piuttosto complicato descrivere il funzionamento di questa applicazione, che pure è testata da alcune aziende americane ed estere partner di Facebook di medie e grandi dimensioni, perché il suo stesso creatore, Lars Rasmussen (ex Google Wave) non ha venduto ai blog d’oltreoceano molte certezze. La questione più delicata è l’integrazione, mentre la monetizzazione potrebbe essere rimandata o salomonicamente lasciata alla scelta dell’impresa: app gratuita con pubblicità oppure app a pagamento.
Ciò che incuriosisce è capire come eventualmente far convivere le due possibilità intrinseche all’applicazione, cioè il login del datore di lavoro per i dipendenti oppure l’utente che collega il secondo coi propri altri profili per accedere a tutto in un unico luogo. L’integrazione pone infatti un problema etico: a chi appartengono i profili (e i loro dati)? All’utente o all’azienda?
In questo momento Facebook punta solo a dimostrare di poter essere un efficace strumento di potenziamento del clima positivo di un’azienda. E probabilmente ha ragione di crederlo. Poi verrà il momento di decidere se aprire le api di terze parti, di consentire l’integrazione magari in una sola direzione: mettere sul profilo work qualcosa da quello personale ma non poter condividere i contenuti dell’account work.
In pratica, se dovesse decollare, un numero esorbitante di persone nel mondo avrà due singole applicazioni aperte sullo smartphone. Facebook raddoppia.