Facebook non ha avuto vita difficile nel vedersi assegnato il dominio .it che gli compete nel nostro paese. La controversia relativa all’attribuzione del dominio è infatti stata vissuta senza un vero scontro, nell’impossibilità di contattare la controparte e con una risoluzione rapida ed indolore. Facebook, insomma, da oggi sarà raggiungibile anche tramite il più semplice Facebook.it proprio nel paese ove più esplosiva è stata la crescita del social network.
La decisione è stata comunicata a titolo ufficiale sul sito del Centro risoluzione disputi domini (Crdd), ove vengono anzitutto indicate le basi da cui il ricorso ha preso forma: «Con ricorso ricevuto per e-mail da CRDD in data 15 aprile 2009 la società Facebook UK Ltd, […], in persona del legale rappresentante, sig. Cipora Herman, rappresentata nella presente procedura dall’avv. Fabrizio Jacobacci e dal dott. Massimo Introvigne, […], introduceva una procedura di riassegnazione, ai sensi dell’art. 3.1 del Regolamento per la risoluzione delle dispute nel ccTLD “it” (d’ora in poi Regolamento) e dell’art. 5.6 del Regolamento per l’assegnazione e la gestione dei nomi a dominio nel ccTLD “it”, per ottenere il trasferimento in suo favore del nome a dominio facebook.it, registrato dal sig. John Michael Preston».
La decisione finale è stata assunta sulla base di tre evidenze caturite dalle indagini effettuate:
- «che il dominio facebook.it era stato creato il 6 marzo 2006 ed era registrato a nome del sig. John Michael Preston»;
- «che il nome a dominio era stato sottoposto ad opposizione e che la stessa era stata registrata sul whois del Registro nel quale risultava il valore “CHALLENGED”»;
- «che digitando l’indirizzo http://www.facebook.it si giungeva ad un sito web, contenente link che reindirizzano ad altri siti che svolgono attività in diretta concorrenza con Facebook».
Il ricorrente (Facebook) ha fatto notare che «il nome a dominio oggetto della contestazione corrisponde integralmente al segno distintivo sul quale essa vanta dei diritti di esclusiva, in virtù di un contratto di licenza prodotto agli atti». Inoltre si punta il dito alla controparte segnalando che «nessun diritto avrebbe il Resistente sul nome oggetto della procedura, considerando che esso non corrisponde a una sua ditta, denominazione, ragione sociale, né ha alcun collegamento con il marchio FACEBOOK». Quest’ultima indicazione giunge peraltro con una aggravante: «il Resistente avrebbe registrato e mantenuto in malafede il nome a dominio oggetto della procedura, considerando che nel momento in cui lo registrava, non poteva ignorare l’esistenza del relativo marchio, del quale parlavano tutti i mezzi di comunicazione sin dalla data di esplosione del fenomeno (primavera 2004) e, ancor prima, nella precedente fase sperimentale».
La parte resistente, invece, non ha portato acqua al proprio mulino: la consegna della raccomandata di notifica ha verificato come il domicilio di John Michael Preston fosse cambiato e che non fosse così possibile rintracciare il precedente detentore del dominio. Ogni scelta del CRDD, pertanto, è stata presa ascoltando una parte sola ed allineando la sentenza al teorema della stessa:
- identità e confondibilità del nome: «Non appare dubbio che il nome a dominio in contestazione (facebook.it) sia identico al marchio comunitario n. 2483857 originariamente registrato a nome della società Sephora in data 13 giugno 2003 e successivamente ceduto alla Facebook, Inc., che lo ha poi concesso in licenza alla Facebook UK Ltd.»;
- inesistenza di un diritto della resistente sul nome a dominio contestato: «Una volta che il Ricorrente abbia provato il proprio diritto sul nome di dominio contestato, spetta al Resistente dimostrare la concorrente esistenza di un proprio diritto o titolo al suddetto nome […]. Il resistente, non essendosi costituito, non ha controdedotto alcunché al ricorso e non ha dunque fornito alcuna prova o documentazione idonea a dimostrare l’esistenza di un suo concorrente diritto o titolo all’utilizzazione del nome a dominio contestato»;
- registrazione e uso del nome a dominio in malafede: «Sussiste infine anche il requisito della malafede, essendo state provate più di una delle circostanze dalle quali il Regolamento consente di dedurre la malafede nella registrazione e nel mantenimento del nome a dominio. Innanzitutto, elemento da cui dedurre la malafede si rinviene nella indicazione al Registro di un nome o di un indirizzo al quale l’assegnatario non risulta reperibile».
La sentenza è scritta. Facebook.it non è più nell’alveo del cybersquatting e presto il dominio reindirizzerà al noto social network già raggiungibile tramite Facebook.com.