C’è spazio per ulteriori social network? Claudio Cecchetto pensa di sì, così come ai tempi delle sue innumerevoli iniziative nell’ambito della musica pensava che ci sarebbe stato ancora spazio per nuovi cantanti e nuove radio. La sua convinzione ha un nome che, al di là dei meriti e dei contenuti, si è già imposto facendo leva sul carisma del fondatore e sui nomi già coinvolti: nasce così Faceskin, il social network che, in assenza di una formula identificativa migliore, è oggi semplicemente francobollato come “il social network di Cecchetto”.
Ed è lo stesso Cecchetto a dare una prima lettura del progetto per esplicarne il significato: «In rete ci sono tanti “motori di ricerca” che, basandosi su algoritmi anche sofisticatissimi, aiutano le persone a cercare in internet i contenuti che desiderano. Non ho mai visto però un “motore di ricerche” (con la “e” finale) che velocizzasse la navigazione in rete, basandosi sull’algoritmo di ricerca più intelligente del mondo: l’uomo». Questa, quindi, la finalità ultima a cui Faceskin fa appello: «dare la possibilità di trovare con facilità la maggior parte delle informazioni che stiamo cercando, di organizzarle e condividerle, in modo che quanto già fatto da altri possa essere a disposizione di tutti».
Dichiaratamente una “Social Search Community“, insomma. Un’esperienza nasce senza uffici, sull’impronta della “Virtual Company” che fa leva su esperienze e canali comunicativi informatici per legare assieme le varie competenze. Il tutto improntato su tre assunti che vogliono essere i punti d’appoggio fondamentali del network:
- Ricerca: «Faceskin permette di registrare i link dei tuoi siti preferiti mentre stai navigando, per poi metterli a disposizone di tutti gli iscritti»;
- Organizza: «Con Faceskin puoi organizzare le tue ricerche, salvandole per argomento, in modo che sia successivamente più facile ritrovarle»;
- Condividi: «Le ricerche che hai salvato, le web-list, saranno disponibili per tutti gli iscritti».
Come funziona Faceskin
Cosa sarà Faceskin, oggi non è dato sapersi. Tutto quel che è possibile vedere è semplicemente la traccia di un sito fatto di weblist “dei protagonisti”, ossia un manipolo di “VIP” pronti a rendere pubblici i propri “preferiti”. Si scopre così che Jovanotti si ispira alle conferenze del TED, si diverte su Spinoza e si informa su Il Post. Liste simili sono disponibili per Max Pezzali, Fiorello, Linus, Guido Bagatta, Daniele Bossari ed altri nomi tutti in qualche modo interconnessi all’ombelico della community: Claudio Cecchetto. L’iscrizione al network apre inoltre alla base degli utenti, al di là dei soli nomi noti, aprendo così alla vera natura del progetto ed alla complessità della sua offerta.
Le Weblist sono il parametro attorno al quale vengono sviluppate le dinamiche del sito. Aprendo le liste dei singoli personaggi (e delle singole utenze già iscritte) è possibile sfogliare i singoli siti, passando così uno ad uno i riferimenti che l’utente di riferimento ha contrassegnato. La lista può essere sfogliata tramite la barra di navigazione di Memoring, con la quale passare da un utente ad un altro (sfruttandoli come veri e propri canali fondamentali di consultazione al fianco di “tag” che fanno da collettori dei siti dividendoli per argomento) e da un sito all’altro, sia in modalità manuale che automatica.
Questa la barra che sovrasta la pagina utilizzata per la navigazione:
Aggiungere amici o VIP al proprio “Skin” implica l’estensione del proprio network e la moltiplicazione degli spunti ricavabili. Il sito, quindi, va ad aggregare le varie fonti riproponendole su di una homepage che diventa in qualche modo una versione “social” di Google News. Con i “pro” ed i “contro” che la cosa comporta, ma soprattutto palesando un approccio alla notizia sistematicamente differente.
È qui per rimanere?
Quel che di buono ha Faceskin è la forza dei personaggi: pochi nomi potrebbero bastare per portare sul network un grande numero di “follower”. Non si usa questo nome a caso: se Fiorello ha improvvisamente lasciato Twitter per ricomparire poche ore più tardi su Faceskin, evidentemente la cosa ha un suo significato. La natura dei network è però profondamente differente, e lo stesso concetto di social probabilmente viene ridefinito.
Dunque Faceskin è qui per rimanere? Occorre considerare alcuni aspetti:
- Non basta mettere in contatto gli utenti per essere “social” e forse non basta consentire una condivisione di un bookmark per dare vita a vere dinamiche sociali (su cui fior di progetti si stanno arrovellando, pur se la ricetta magica sembra sia stata fin qui trovata solo da pochi noti);
- Non basta creare un social network per trovare una community: il settore è legato ad un oligopolio naturale che concentra gran parte delle risorse nelle mani di pochi e dissemina le briciole tra gli altri; identificare e catturare una nicchia è tutto quel che è possibile fare per sperare di gettare basi solide;
- Non basta “condividere” per assicurare un legame sia tra gli utenti che con il network: può funzionare un social network nel quale gli utenti non aggiungono elementi propri se non semplici url? Può funzionare una community basata solo e soltanto sulla condivisione di siti Web dopo che Digg e compagnia hanno scritto la storia già da molto tempo?
- Non basta mettere assieme un po’ di VIP per costruire una base coesa: occorre unire tra di loro le diverse entità, facendo in modo che la catena dei “follower” possa essere meno agglomerata e più distribuita possibile;
- Non basta rifiutare gli algoritmi per ottenere un risultato migliore facendo semplicemente leva sul fattore umano; in questa prima fase, ad esempio, le liste presenti su Faceskin sono ben poco originali, raramente curiose e spesso intrise dei soliti grandi nomi;
- Non basta imporre una struttura di questo tipo per cambiare l’approccio culturale dell’utenza al Web, oggi improntato più sulla “ricerca” che non sull’ “esplorazione”.
La bontà dell’idea è infatti nella proposta di un nuovo modo di accedere al Web, qualcosa che Claudio Cecchetto descrive come una vera e propria esigenza: qualcosa che vada al di là del rumore della quantità, qualcosa che consenta di aggirare l’accesso freddo e spontaneo dei motori di ricerca. Faceskin propone vere e proprie guide, nelle quali ogni utente si fa “Virgilio” del proprio Web accompagnando gli amici verso una esplorazione guidata. Tuttavia l’utente medio è oggi abituato a “googlare”: Google è la homepage del Web per gran parte degli italiani ed ha plasmato la navigazione attorno alle query. L’utente è abituato a cercare quel che vuole, e lo può fare con estrema rapidità senza dover giocoforza esplorare liste e community. In tal senso Faceskin parte con l’handicap: c’è un modello culturale da incrinare se ci si vuole scavare quantomeno una nicchia.
Quello che sembra mancare in questa fase è un adeguato carisma: lo stesso nome “Faceskin” nasce all’ombra di un doveroso timore referenziale nei confronti di Facebook, imitandone il nome quasi nel timore di cercare una necessaria differenziazione. Ma non è questo, in effetti, l’obiettivo percorribile: lungi dallo sfidare Google e Facebook, Faceskin potrebbe diventare piuttosto un interessante complemento di quest’ultimo, proponendosi magari in prospettiva in qualità di applicazione per il re dei social network (valga come ipotesi e come suggerimento).
Claudio Cecchetto e Mark Zuckerberg: una bella coppia, nel quale potrebbe essere in questo caso il più giovane a fare da talent scout per il primo. Del resto la ricerca “social” è qualcosa che anche Google sta tentando con Search Plus your World e qualcosa su cui Facebook potrebbe presto scommettere lasciando agli altri soltanto le briciole. Se Faceskin intende imporsi, deve quindi fare in fretta e fare bene. L’Italia è una nicchia particolare ed il traino del “clan” di Cecchetto può essere un’arma importante. I margini sono però risicati e le possibilità sono limitate: per Cecchetto è questa l’impresa più rischiosa di una carriera vissuta tutta all’insegna del successo.