Si è rivelato essere un falso l’allarme quello che negli ultimi giorni aveva scosso parte della rete ipotizzando una fine della innovativa ed interessante collaborazione tra il produttore di computer Dell e la distribuzione Ubuntu di Linux.
L’accordo in questione è stato ed è ancora croce e delizia del mondo open source. Se da una parte è osannato perchè si tratta di un modo forte e importante di distribuire il sistema operativo open source su hardware molto popolare, nonchè un modo effettivamente comodo per chiunque di avere un computer equipaggiato con Linux (le alternative sono installarlo sopra Windows o comprare un pc vuoto e configurare tutto da sè), dall’altra in molti sono scontenti della politica di prezzi applicata. Un computer Dell con Windows infatti costa meno di uno con il sistema operativo gratuito Ubuntu.
In un simile clima di dissapori non meraviglia come la notizia per prima diffusa da The Inquirer, secondo la quale Dell avrebbe smesso di distribuire computer con Ubuntu precaricato, ha subito attecchito nella mente degli appassionati. Le accuse di complottismo anti-open source già si erano accumulate da mesi e questa goccia aveva fatto traboccare il vaso.
Tutto era stato originato dall’impossibilità (momentanea) di accedere alle pagine di vendita dei notebook Ubuntu-Dell in diversi paesi (mentre le pagine di vendita dei desktop erano comunque raggiungibili), cosa che sembrava far presagira la fine della collaborazione. In realtà la spiegazione l’ha data lo stesso marketing di Dell a The Inquirer: «confermiamo che continuiamo a fornire ai clienti la scelta di avere Ubuntu montato sui nostri notebook e desktop computer […] I pc desktop sono disponibili come sempre ma stiamo aggiornando la nostra offerta di notebook, che è ora pronta sui nostri store».