Occorre tornare sul caso del processo a Google, che vede imputati quattro responsabili del gruppo per il video ospitato su Google Video nel 2006 e nel quale un ragazzo con Sindrome di Down veniva malmenato da alcuni compagni di scuola. Occorre tornarci perchè l’intero impianto accusatorio non regge, e l’errore è tanto lapalissiano da meritare una puntualizzazione:
Secondo i PM il “sistema Google” è studiato per il guadagno, senza focalizzazione sulla responsabilità
Sbagliato. Google cancella responsabilmente i video segnalati, senza tuttavia poter procedere con un filtro a monte a causa dell’alta mole di contenuti ospitati. Inoltre non c’è guadagno, quantomeno non diretto: Google Video non ospitava pubblicità.
Secondo i PM il gruppo deve scontare una responsabilità oggettiva per aver ospitato il video
Sbagliato. A differenza della tv, ove ogni contenuto è controllabile o pianificabile a priori, una repository online non è controllabile se non a posteriori. Google sarebbe irresponsabile se, in seguito a segnalazione, non intervenisse.
Secondo i PM, Google dovrebbe filtrare a priori i filmati
Sbagliato. Perchè è impossibile, innanzitutto: troppa la mole dei contenuti per poter pensare ad un controllo preventivo; perché è sconsigliabile, inoltre: si tratterebbe di una censura, di un limite alla libertà di espressione e, soprattutto, di una tracotante posizione di una multinazionale che va a giudicare di proprio pugno cosa è bene e cosa è male; perché è inopportuno, infine: la neutralità sta nella separazione dello strumento dal contenuto, ivi comprese le rispettive responsabilità di chi gestisce gli strumenti e di chi gestisce i contenuti.
Secondo i PM, il diritto di impresa non deve calpestare i diritti individuali
Giusto. Ma per tutelare i diritti individuali, occorre capire che cambiando lo strumento cambiano anche le dinamiche dei flussi della comunicazione. Per questo motivo la vera tutela dei diritti individuali va perseguita con modalità nuove: un filtro basato su di un tag o su di un titolo non è certo lo stratagemma migliore in una repository video nella quale la bontà o meno di un contenuto non è identificabile da alcun algoritmo al mondo.
L’impianto accusatorio è fragilissimo, perchè basato su assunti vetusti, basati su di un assunto vero per la radio, vero per la televisione, vero per qualunque mezzo che non sia la Rete. Internet è uno strumento “molti-molti” nel quale la distinzione precisa delle responsabilità è l’unica via percorribile per assicurare che tutti facciano il proprio dovere e paghino eventualmente per le proprie colpe. Le richieste dei PM fanno invece confusione, poiché attribuiscono a Google un ruolo impossibile, ingiustificabile e, addirittura, controproducente: se Google ha portato avanti la propria rivoluzione online è proprio perché ha riconsegnato il potere al “popolo sovrano” accontentandosi di scaricare le responsabilità derivate.
Occorre ricordare, inoltre, come una eventuale sentenza contraria a Google esprimerebbe un principio determinante, assegnando a chi cura servizi online una responsabilità oggettiva per i contenuti ospitati. Flickr dovrebbe assumere qualcuno per valutare ogni foto portata online; le piattaforme di blogging dovrebbero far firmare clausole apposite per scaricare esplicitamente ogni responsabilità; ogni singolo blogger dovrebbe imporre la moderazione dei post sui propri spazi, eliminando i commenti dubbi a scanso di equivoci e guai conseguenti; YouTube potrebbe tranquillamente chiudere la sezione italiana; e così via.
Qualcuno giri queste FAQ a chi dovrà decidere sul caso Google. Potrebbero servirgli. Se saprà leggerle via mail, probabilmente saremo già sulla strada giusta. Se invece chiederà che il post venga stampato… si salvi chi può.