Su “Il Messaggero” di ieri, è riportata un’interessante intervista a Stefano Parisi, amministratore delegato di Fastweb. L’intervista verte sul recente accordo tra Fastweb e Telecom per una rete di nuova generazione.
Secondo Parisi, il mercato italiano può dare le risorse necessarie per la realizzazione di una nuova rete super veloce.
Questo però si può fare a una sola condizione, che vengano riviste le tariffe di terminazione che a oggi avvantaggiano gli operatori di telefonia mobile rispetto a quelli di telefonia fissa.
Leggiamo dunque gli aspetti salienti di questa intervista a cura di Barbara Corrao de “Il Messaggero”.
Sull’accordo con Telecom Parisi spiega che:
“Per la prima volta un operatore alternativo mette a disposizione dell’ex monopolista la propria rete. L’accordo è importante per Fastweb che si assicura una fonte di nuovi ricavi; per Telecom Italia che può accelerare l’avvio dei servizi a banda larga in fibra; e più in generale per il Paese perché può beneficiare della condivisione di asset strategici evitando sprechi e duplicazioni”
Sui problemi dei costi di terminazione e sull’eccessivo peso che hanno gli operatori di telefonia mobile rispetto a quelli di telefonia fissa, Parisi appare estremamente chiaro e propone una sola soluzione.
“Il mercato può sostenere questo sforzo se il regolatore orienta le risorse là dove oggi devono essere fatti gli investimenti. Le recenti misure del governo sulla banda larga sono positive, finalmente un progetto-paese concreto. Per quanto riguarda gli 800 milioni alla banda larga sono un aiutino, ma non bastano.
Basterebbe poi cambiare la logica delle politiche di regolazione. Oggi in Italia soffriamo di una patologia: le tariffe di terminazione per gli operatori mobili garantiscono 4 miliardi di incassi l’anno contro i 600 milioni assicurati agli operatori fissi. La ragione? Le nostre tariffe coprono solo i costi mentre nel mobile la terminazione riconosciuta dall’Autorità per le comunicazioni incorpora una rendita pari a 3-4 volte il costo.
E paradossalmente è una forbice destinata ad ampliarsi da qui al 2010. Ma mentre nel mobile il ciclo di investimenti è finito, oggi sono gli operatori fissi a dover affrontare un gigantesco programma di spesa per la rete di nuova generazione.
Va dunque sanata questa asimmetria. Se destinassimo il delta tra costi e ricavi della terminazione mobile a coprire gli investimenti che qualunque operatore fisso volesse fare nella fibra ottica, si recupererebbero circa 3 miliardi l’anno che in cinque anni consentirebbero di far fare un balzo tecnologico sostanziale al Paese. Su questo punto il dibattito è aperto in Europa, come dimostra la presa di posizione del commissario Reding.”
Per chi volesse visionare l’intera intervista, è disponibile direttamente sul sito de “Il Messaggero“.