Come non detto, facciamo da soli. Ha dell’incredibile l’ultimo colpo di scena dell’intricata vicenda che vede contrapposte la FBI ed Apple a proposito della richiesta, rigettata con forza da Tim Cook, di scardinare con un firmware apposito l’iPhone 5c appartenuto a un terrorista. Poche ore prima dell’udienza presso la Corte di Riverside, i federali hanno chiesto la cancellazione del procedimento. Il motivo è che pensano di aver trovato il modo di ottenere il loro scopo senza l’aiuto degli ingegneri di Apple, i quali erano peraltro pronti a dimettersi pur di non farlo. Ma allora perché tutto questo chiasso nelle scorse settimane? Cosa hanno scoperto?
Tim Cook l’aveva subito detto, salendo sul palco della keynote di ieri, poco prima che venissero presentati tutti i prodotti e le novità dell’azienda californiana; una presa di posizione ribadita sui giornali più importanti, con fermezza assoluta.
Noi crediamo fortemente di avere la responsabilità di aiutare le persone a proteggere i loro dati e la loro privacy. Lo vogliamo per i nostri clienti, lo vogliamo per il nostro paese. Questo è un tema che impatta sulle vite di tutti noi, e noi non ci sottrarremo da questa responsabilità.
Tim Cook e l’azienda che dirige sarebbero certamente andati fino in fondo, anche fino alla Corte Suprema, ma stando alle ultime notizie forse non sarà più necessario visto che ieri alle cinque e mezza del pomeriggio il magistrato Sheri Pym (la stessa che aveva ordinato ad Apple di aiutare il bureau investigativo) ha annullato l’udienza (pdf) prevista per oggi, restando all’ordine precedente che impone ad Apple di aiutare l’FBI a sbloccare quell’iPhone appartenuto a Syed Rizwan Farook, uno degli autori della strage di San Bernardino.
Un utente esterno ha dimostrato all’FBI lo scorso fine settimana un possibile metodo per sbloccare il telefono. Dobbiamo prima testare questo metodo per assicurarci che non distrugge i dati sul telefono, ma rimane cauto ottimismo. È per questo che abbiamo chiesto alla corte di darci un po’ di tempo per esplorare questa opzione.
Apple ovviamente non ha fatto obiezioni, perché la ragione della richiesta di cancellazione nega l’esigenza contenuta nella prima ordinanza. In pratica è tutto finito almeno per questa fase: Cupertino non ha più alcun obbligo. Ha vinto per ritiro dell’avversario.
The government just moved to vacate tomorrow's hearing in Apple v FBI. Seems they're abandoning this as a test case! pic.twitter.com/trZbwXoJvy
— Nate Cardozo (@ncardozo) March 21, 2016
Cosa è cambiato?
La domanda è: la FBI ha un asso nella manica? Oppure si tratta di una figuraccia, come ha commentato Edward Snowden? Le prime indiscrezioni provenienti da oltreoceano suggeriscono che i ricercatori hanno scoperto un bug che potrebbe consentire di decifrare una piccola parte del sistema operativo. Un bug di iMessage che secondo alcuni esperti potrebbe non essere sufficiente all’FBI per ritrovare tutto, ma forse per levarsi da un imbarazzo tecnico e politico. Tuttavia, è bene ribadirlo: se così fosse dimostrerebbe ancora una volta quanto spiegato in queste settimane da tutti gli esperti di sicurezza, cioè che i bug sono all’ordine del giorno e spesso lasciano varchi per gli agenti delle forze dell’ordine e il cybercrimine, tali da non avere certo bisogno di una mostruosità come un firmware universale nuovo di zecca.
It's hard not to read tonight's events as permanently damaging the credibility of #FBI claims on encryption. This was basic pre-trial work.
— Edward Snowden (@Snowden) March 22, 2016
Di qualunque tipo sia questo “aiuto esterno” citato dalla FBI, la cancellazione non esclude nuove richieste future, dipende ad esempio dal risultato che eventualmente otterranno. In caso però ci riuscisse, sarebbe molto interessante mettere alla prova la trasparenza degli investigatori nello spiegare come avrebbero fatto e nel fornire alla community le istruzioni per proteggersi. Perché compito della FBI è proteggere i cittadini, giusto?