Cinque giorni, circa 250 eventi, oltre 600 speaker da 44 paesi diversi, e come sempre tutto rigorosamente a ingresso libero. Mancano pochi giorni al Festival del Giornalismo di Perugia, un’occasione imperdibile per riflettere sull’informazione, i suoi protagonisti, i suoi cambiamenti, molto spesso collegati alle tecnologie e alla Rete. Per tappe di avvicinamento, cominciamo col parlare dei talk.
Nel ricco programma di #IJF17, i talk sono una piccola parte, 4 eventi specifici, ma molto caratterizzanti questa edizione. A differenza dei panel e degli incontri vari, i talk hanno una struttura uno-a-molti, si concentrano su personalità del mondo dei media, molto diverse tra loro, che porteranno al festival le loro storie, le loro esperienze, le loro riflessioni. I quattro incontri affronteranno i temi al centro della discussione pubblica e ci racconteranno storie di impegno per la democrazia, la libertà di espressione, due colonne portanti della fare informazione oggi.
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— journalism festival (@journalismfest) March 27, 2017
L’america di Trump, le fake news
Il primo talk in ordine cronologico si terrà venerdì 7 aprile, dalle 11 a mezzogiorno (in Sala dei Notari, luogo fisso per questi appuntamenti) e l’argomento è di quelli imprescindibili in questo 2017: l’america di Trump. Per parlarne arriva dalla capitale politica degli states Cameron Barr, managing editor al Washington Post, forse il quotidiano che più di tutti ha scritto sul tycoon oggi 46° presidente degli Stati Uniti, criticandolo in ogni occasione. Grande esperto sia di medioriente che di sicurezza nazionale, Barr verrà introdotto da una giornalista italiana perfetta per questa occasione: Lucia Annunciata, anche lei esperta di medioriente, di politica americana, e attenta alle dinamiche sociodemografiche delle elezioni americane.
Il taglio dato al talk verte non tanto sul fenomeno Trump, ma sugli effetti che questa presidenza sembra già avere sul concetto di verità, al quale viene spudoratamente contrapposta una serie di “fatti alternativi”. Non a caso lo stesso giornalista parteciperà il giorno successivo a un panel intitolato “Il giornalismo nell’america di Trump”, insieme ad altri colleghi, per parlare di questo strano clima nelle conferenza stampa alla Casa Bianca, tra le forzature assurde di Spicer e le clip di Conway contro le notizie dei media mainstream. Un rovesciamento dell’informazione per cui l’ostilità verso l’estabilishment informativo viene premiata, almeno per il momento, da una opinione pubblica confusa. Ma con quale rischio per la democrazia?
I segreti del News Feed
Questa edizione di IJF sarà quella di Facebook. Chi ha frequentato la scorsa edizione ricorda come il social network fosse il convitato di pietra della metà dei panel. Quest’anno invece è uno degli sponsor principali. Una scelta delicata ma giusta da parte degli organizzatori, che possono così creare una combinazione mai vista: centinaia tra i più importanti giornalisti del mondo nella stessa città, negli stessi giorni, insieme ai rappresentanti dell’azienda più chiacchierata e decisiva per quello stesso mondo, quello dei media. Ecco perché il talk, sempre il 7 aprile, ma da mezzogiorno all’una (subito dopo quello su Trump), è quello dove i giornalisti più attenti alla questione del rapporto fra media e social avranno tutto l’interesse a partecipare: “Tutti i segreti del News Feed”, raccontato da Adam Mosseri con la moderazione di Jeff Jarvis. Avere a Perugia uno dei vice di Zuckerberg, responsabile della vetrina di ogni cosa, quel News Feed che è la manopola con la quale il social premia o punisce algoritmicamente i contenuti, sarà l’occasione per parlare seriamente di Design dell’Informazione.
La Siria
Coprire la guerra in Siria da giornalista, attivista e donna. Parlerà di questo Zaina Erhaim, già inviata della Bbc, oggi membro dell’Institute for War and Peace Reporting, un’organizzazione che sostiene i giornalisti nei paesi dove sono in corso conflitti, aiutandoli a lavorare su diritti umani e questioni riguardanti la giustizia. All’interno di questo progetto, Erhaim ha creato vari blog che raccontano la rivolta e la guerra attraverso gli occhi delle donne siriane, offrendo la possibilità di scrivere storie sulle loro esperienze. Nel corso degli ultimi anni, si è occupata della formazione di centinaia di citizen reporter in Siria. Zaina è vincitrice del Peter Mackler Award for Courageous and Ethical Journalism 2015 e dell’edizione 2016 dell’Index on Censorship Freedom of Expression Award. A moderare l’incontro Maria Gianniti, giornalista inviata per la redazione Esteri del Giornale Radio RAI.
Chelsea Manning
L’ultimo dei quattro talk è dedicato a Chelsea Manning. La notizia della sua liberazione è ancora fresca, egualmente la commozione dei tanti che hanno lottato per questo risultato. L’ex soldato, che sta affrontando anche un percorso di cambiamento di genere sessuale, rivelò a Wikileaks informazioni top secret sulle missioni americane: più di 700.000 report, video, lettere diplomatiche, la più grande violazione di materiale classificato dell’intera storia americana. Per questo motivo fu condannato a 35 anni di carcere. Chelsea è stata liberata da Barack Obama grazie a una mobilitazione online di giornalisti, attivisti, avvocati, più unica che rara. Di questo parlerà Evan Greer, nell’intervento “Come abbiamo salvato Chelsea Manning”. La campaign Director dei Fight for the Future e amica di Manning, è stata una delle voci più potenti di questa battaglia, che ha avuto bisogno anche di una grande coordinazione. L’attivista, anch’essa transgender, famosa anche come musicista, scrive per il Guardian e l’Huffington Post e racconterà della campagna di sensibilizzazione insieme a Philip Di Salvo, editor italiano dell’European Journalism Observatory. La questione è tremendamente interessante: in che modo l’attivismo può salvare una vita umana? E se è stato possibile in questo caso, è replicabile? Insegna qualcosa di nuovo sull’attivismo online?