Alla chiusura della Social Media Week 2015 la parola va lasciata a chi più di ogni altro ha creduto in questo progetto, reiterando la collaborazione con la città capitolina per realizzare un momento di importante approfondimento culturale. La parola va dunque lasciata ad Antonio Greco, amministratore delegato Fiera Milano Media, il quale vuol anzitutto fotografare il conclamato successo del progetto snocciolandone i numeri fondamentali.
Social Media Week in numeri
L’edizione romana della Social Media Week 2015 ha contato un numero di tweet superiore a quello della contemporanea edizione di Los Angeles. Basterebbe questo dato a raccontare il feeling venutosi a creare tra l’evento e la città di Roma: l’Italia, paese ove Twitter non vive il medesimo blasone sperimentato altrove, la partecipazione è stata comunque molto alta ed ha esteso i confini entro cui gli argomenti dell’evento si sono potuti moltiplicare.
La fascia oraria 11/12 è quella che ha raccolto il maggior numero di tweet, peraltro con un sentiment positivo pari al 97%. Le parole più utilizzate sono state “innovazione”, “rivoluzione digitale”, “periscope” ed “esperimento”: ognuna di queste descrive piccoli frammenti di un fenomeno che, soprattutto in area mobile, sta reinventando il mondo intero sulla scia del pesante influsso che le nuove tecnologie hanno su processi, aziende, mercati e società.
Italiani, social media user frustrati
Secondo Antonio Greco gli italiani sono un popolo di social media user frustrati. La definizione sgorga dalla forte domanda di social media che emerge e dal grande successo che la Social Media Week riesce ad ottenere, ma al tempo stesso la creatività e la potenza esplosiva degli utenti è in qualche modo soffocata dall’assenza cronica di infrastrutture e banda larga che frena ogni tipo di pulsione o velleità. Volere e non potere, insomma: la fantasia viaggia oltre le opportunità, limitando pesantemente il rapporto tra l’utenza e il Web.
Gli italiani, continua Greco, sono stati early user sul mobile e ancora oggi sono all’avanguardia almeno in termini potenziale: se soltanto la banda larga, le normative e il contesto favorissero questo tipo di pulsione, il genio italico avrebbe probabilmente molto da dire nel settore. Tutto ciò genera però per contro un effetto negativo che si fa ormai sempre più evidente: l’impatto frammentato che si riesce ad avere con i social media ha generato un popolo con una fortissima sensibilità nei confronti del fenomeno, ma al tempo stesso con una bassa consapevolezza reale. La conoscenza media è pertanto sotto la media, il che non consente di veicolare bene il potenziale teorico che la cultura italiana avrebbe invece la possibilità di esprimere.
L’importanza della Social Media Week va letta anche alla luce di questa considerazione: eventi culturali di dibattito ed evangelizzazione possono instaurare flussi positivi in grado di veicolare al meglio le risorse, ma tutto ciò non può prescindere da una vera presa di coscienza del problema banda larga da parte delle istituzioni.
Roma città social
Secondo Greco si è ormai instaurato un legame inossidabile tra l’evento e la città di Roma. Sebbene anche le edizioni di Torino e Milano abbiano ottenuto risultati apprezzabili, su Roma tutti i fattori sono stati convergenti per portare a compimento un evento di grande respiro. Difficile indicarne un posizionamento preciso: «B2B, B2C, ma soprattutto trasversali e non definibili. Questo perché il social media rappresenta il Web intero, dunque un evento come la Social Media Week è un evento che si autoposiziona».
Alla cerimonia di chiusura è stato sancito con forza un “arrivederci Roma” che racconta quel che andrà ad accadere nel futuro prossimo: Roma ha bisogno della Social Media Week e la Social Media Week ha bisogno di Roma, come se un ingrediente territoriale si fosse incastonato nel format internazionale identificando nella Capitale il contesto ideale per la piena realizzazione del progetto.
Periscope è un pericolo per gli eventi?
Alla Social Media Week sono spuntati vari Periscope, riprese in diretta che mettono l’evento a disposizione di chiunque intenda seguirlo senza essere sul posto. Questo può essere un rischio per la riuscita futura degli eventi? Secondo Antonio Greco no, anzi: in linearità con il concetto di “rimediazione” di McLuhan, i medium tenderanno a convivere ed a trovare nuovi equilibri. In generale è evidente il fatto che organizzare un evento è qualcosa che crea l’opportunità, mentre Periscope è qualcosa che può soltanto moltiplicarne la diffusione (senza alcuna creazione originale). Il valore degli eventi reali rimane però nel networking, nella possibilità di accedere in modo casuale a più eventi ed alla ricchezza data dall’immediatezza dell’incontro face-to-face.
Periscope è destinato a crescere, ma ciò non toglierà fascino agli eventi, anzi: potrebbe aumentarne la domanda e il bisogno, il che costringerà a trovare nuove opportunità per dar vita ad occasioni di incontro.