«Telecom Italia dovrebbe svegliarsi, sentire l’odore del caffè, mettere da parte le sue tendenze monopolistiche e unirsi al consorzio». Parole forti, nel contesto di un editoriale dal taglio netto e dalla posizione chiara: l’incumbent italiano sta continuando un modus operandi vecchio e bocciato dalla storia, cercando di tenere per sé un monopolio sulla infrastruttura ormai bocciato dal mercato e dai bilanci stessi dell’azienda.
L’editoriale, a firma di Paul Betts, ricorda soprattutto il punto di partenza: «l’ex incumbent è nella forma peggiore: Telecom Italia, l’ex monopolista nazionale più indebitato e meno internazionalizzato, fa fatica a finanziare i costi di mantenimento della sua vecchia rete in rame, pari a 7,5 miliardi di euro per i prossimi cinque anni». Alla luce dei fatti, per Telecom è difficile pensare ad onerosi investimenti in solitaria, soprattutto perchè la questione diventa insostenibile e le promesse non fanno altro che spostare nel tempo una scelta che appare ineludibile.
«Nel tentativo di aiutare Telecom a tenere in piedi i suoi conti il regolatore italiano le ha permesso di aumentare il prezzo che applica ai propri concorrenti per l’utilizzo della rete in rame. Non c’è quindi da stupirsi che gli operatori alternativi abbiano perso la pazienza, dal momento che l’infrastruttura di Telecom non riesce a rispondere alle esigenze della generazione dell’iPhone» Betts promuove quindi la proposta alternativa, schierandosi senza dubbi dalla parte di “2010 Fibra per l’Italia“, il consorzio formato da Fastweb, Wind e Vodafone (con l’entrata successiva di Tiscali).
Paolo Bertuzzo, CEO Vodafone, ha immediatamente raccolto e benedetto l’invito della nota testata londinese tornando a ribadire come le porte del consorzio rimangano aperte: «È la logica della nostra iniziativa: è un’iniziativa di sistema che è tanto più di successo e forte per il Paese, tanto più è partecipata da tutti». Per questo motivo l’appello è al Governo affinché riesca a mediare le posizioni forzando una situazione di collaborazione che porti sullo stesso versante tutte le parti.
Secondo il Financial Times l’umbundling «permetterebbe agli altri operatori di arrivare direttamente al cliente finale» e questa opzione dovrebbe pertanto essere la preferita da parte dei garanti e delle istituzioni. Telecom, da parte sua, continua a tirare la corda sostenendo di poter portare avanti una soluzione in proprio. La realtà apparente è quella per cui nessuna delle due parti possa fare a meno degli investimenti dell’altra, ma in questo quadro non si è ancora trovato il giusto compromesso in grado di sposare gli interessi di tutti attorno all’unico grande interesse della comunità nazionale: il bisogno assoluto, urgente ed imprescindibile di banda larga.