“Piano strategico nazionale per la banda larga e ultralarga”, questo è il nome dato a un capitolo contenuto nel maxi emendamento alla legge di stabilità che verrà discussa in Parlamento nei prossimi giorni. Si tratta dell’ennesimo tentativo di ridurre il digital divide nel nostro Paese, dopo le tante promesse non mantenute in passato.
Non è chiaro se il Governo abbia capito finalmente che Internet rappresenta una risorsa da sfruttare per consentire all’Italia di confrontarsi ad armi pari con gli altri Paesi, oppure se sia stato costretto dall’Europa. In ogni caso, è presto per dare un giudizio positivo. Ricordiamo infatti che sono già spariti gli 800 milioni di euro previsti dal cosiddetto Piano Romani e pure i 1.600 milioni di euro extra ricavati dalla vendita all’asta delle frequenze per la telefonia mobile.
Il progetto è “finalizzato ad assicurare l’azzeramento del digital divide, l’individuazione delle modalità di realizzazione degli interventi nelle aree per le quali gli operatori di telecomunicazione non prevedono di assicurare la copertura con le reti di nuova generazione, nonché provvede a definire le modalità di coinvolgimento degli operatori privati e della Cassa depositi e prestiti”.
Quindi chi mette i soldi per investire nelle infrastrutture? Secondo il testo del maxi emendamento, le risorse provengono dai fondi strutturali europei 2007-13, dalla Cassa depositi e prestiti, dal fondo per lo sviluppo e la coesione, e dai fondi strutturali relativi al periodo di programmazione 2014-2020. Manca solo qualche piccolo dettaglio: quante sono esattamente queste risorse e, sopratutto, chi si occuperà materialmente di realizzare gli interventi per portare la banda larga nelle zone non raggiunte dall’ADSL? Non resta che attendere le decisioni del Parlamento che, si spera, farà gli interessi dei cittadini, almeno per una volta.