Foxconn non è l’unico fornitore di Apple a essere coinvolto nello scandalo sulle condizioni lavorative degli operai cinesi. Secondo quanto riportato da Reuters, il problema dello sfruttamento sarebbe diffuso fra tutti i fornitori asiatici di Cupertino, con effetti addirittura peggiori di quanto rilevato in Foxconn.
Foxconn è salita agli onori della cronaca qualche tempo fa, quando i media internazionali hanno insistentemente attaccato Apple per le condizioni indegne dei lavoratori cinesi. Turni che sfioravano le 16 ore al giorno, utilizzo di manodopera di età inferiore ai minimi legali, paghe insufficienti per garantire una giusta sussistenza. Venuta a conoscenza di questi dati, la società di Cupertino ha deciso di intervenire direttamente. Prima minacciando Foxconn di interrompere eventuali collaborazioni, poi con l’invio degli osservatori di Fair Labour Association. Lo stesso Tim Cook ha visitato i distretti cinesi e, infine, l’impegno è stato ripagato: Foxconn ha promesso condizioni di fabbrica più dignitose.
Ma China Labor Watch, in un report di 133 pagine pubblicato questa settimana, sottolinea come nulla sia cambiato tra le fila degli altri fornitori Apple:
«Dalle nostre indagini, abbiamo scoperto che le violazioni dei diritti sul lavoro di Foxconn esistono virtualmente in tutte le fabbriche partner di Cupertino. E, in molti casi, sono decisamente peggio di Foxconn.»
Tra le aziende incriminate figurerebbero Riteng, Toyo Precision Appliance, BYD Electronic, Quanta Computing, Wintek Corp, Catcher Technology Co e Pegatron. Le situazioni di disagio rilevate riguardano turni di lavoro spesso sopra le 10, compensi che raramente superano 1 dollaro ogni 60 minuti, gestione dittatoriale dei lavoratori, mancata assistenza sanitaria, luoghi di lavoro non pienamente salubri e molto altro ancora. Apple al momento non ha commentato gli esiti di questa ricerca, chissà che in futuro non scenda nuovamente in campo occupandosi direttamente della questione.