Quanto successo oltreoceano, più precisamente a Huston, rilancia il dibattito sulla tutela della privacy per quanto riguarda i dati e le informazioni salvate dalle piattaforme online su server remoto. I fatti sono i seguenti: un uomo, già arrestato nel 1994 per abusi sessuali su un bambino di otto anni, è finito nuovamente in manette, questa volta per la detenzione di immagini pedopornografiche. A contribuire all’operazione della polizia è stata Google.
Il motore di ricerca ha infatti allertato il National Center for Missing and Exploited Children dopo aver trovato immagini esplicite nella sua casella di posta elettronica Gmail. Una perquisizione ha poi fatto emergere la presenza di materiale simile in altri dispositivi come smartphone e tablet. Di seguito la breve dichiarazione rilasciata dal detective David Nettles della Houston Metro Internet Crimes Against Children Taskforce alla redazione di KHOU.
Teneva le immagini nella sua email. Io non posso avere questa informazione, non posso vedere le foto, ma Google sì.
All’uomo è stata fissata una cauzione pari a 200.000 dollari e con tutta probabilità dovrà affrontare un nuovo processo per detenzione e scambio (le immagini stavano per essere spedite) di materiale pedopornografico. Sebbene l’operato di bigG abbia consentito di scongiurare il rischio di altri abusi o comunque impedito la diffusione delle fotografie, al tempo stesso dimostra anche come i dati salvati online dagli utenti possano essere analizzati in qualsiasi momento.
Google ha già affrontato la questione nei mesi scorsi, modificando i propri termini di servizio per rendere noto a chi utilizza le sue piattaforme che le email vengono scansionate automaticamente, ma per fini pubblicitari o per la difesa da malware e altre minacce di tipo informatico. Di seguito il paragrafo interessato.
I nostri sistemi automatizzati analizzano i contenuti dell’utente (incluse le email) al fine di offrire funzionalità dei prodotti rilevanti a livello personale, come risultati di ricerca personalizzati, pubblicità su misura e rilevamento di spam e malware. Questa analisi si verifica nel momento in cui i contenuti vengono trasmessi, ricevuti e memorizzati.
Va precisato che Google, così come qualsiasi altro fornitore di servizi online, ha l’obbligo di denunciare alle autorità qualsiasi attività legata all’ambito pedopornografico non appena ne viene a conoscenza. Il nocciolo della questione qui è però un altro: il gruppo di Mountain View può volutamente passare in rassegna le caselle email degli utenti alla ricerca di materiale proibito oppure si tratta di un’azione che infrange la loro privacy? Interpellata dalla redazione di Business Insider, l’azienda al momento non ha fornito repliche.