Che nel corso degli ultimi anni la fotografia in ambito mobile abbia compiuto passi da gigante è fuori discussione, grazie ad un connubio tra l’ottimizzazione del comparto hardware equipaggiato dagli smartphone e l’impiego di algoritmi avanzati per l’elaborazione delle immagini acquisite. Siamo però ancora piuttosto lontani dalla qualità degli scatti effettuati con attrezzature professionali come quelle del segmento reflex.
Il limite più grande da superare è di natura strutturale: un’ottica di alto livello deve necessariamente essere composta da più elementi in vetro, in grado di catturare la luce e veicolarla al sensore senza distorsioni e anche in condizioni di illuminazione non ottimale. Questo, considerando le dimensioni ridotte, è stato fino ad oggi impossibile da ottenere su un telefono. Le cose potrebbero cambiare in futuro, grazie alla ricerca. A tal proposito risulta interessante il progetto messo in campo da un team della School of Engineering and Applied Sciences (SEAS) di Harvard, che mira a sfruttare le peculiarità dei nanomateriali per creare lenti dall’ingombro esponenzialmente ridotto, chiamate “meta-lenti”.
Il segreto è rappresentato dall’utilizzo del diossido di titanio, avente una conformazione tale da poter concentrale la luce immagazzinata ad un punto ben preciso, esattamente il compito svolto da un qualsiasi obiettivo fotografico. Il tutto, però, con lo spessore inferiore a quello di un capello.
Non si tratta ancora di una tecnologia pronta per il mercato. Servirà tempo. La sperimentazione ha permesso fino ad oggi di creare un pattern capace di catturare le frequenze comprese tra 490 e 550 nanometri, ovvero nello spettro del blu e del verde. Per soddisfare le esigenze tipiche della fotografia il range dovrà essere esteso all’incirca da 390 a 700 nanometri (dal rosso al viola). Un approccio di questo tipo potrebbe trovare il proprio ambito di applicazione anche negli strumenti dedicati alla ricerca scientifica.