Perché, nell’epoca nella quale si condivide tutto, non si condivide l’energia prodotta da sé? Su questo assunto lampante nasce Innovatec, una società italiana che si occupa in generale di sviluppare tecnologia, prodotti e servizi di smart city per privati cittadini e piccole aziende. Il gruppo in particolare sta operando in un settore di cui presto si sentirà molto parlare: la generazione distribuita dell’energia da fonti rinnovabili.
Una rete P2P dell’energia
La logica è semplice e la forza sta proprio in questo: se in un dato momento si produce più energia di quella che si consuma, perché non mettere la stessa in condivisione con una comunità di cui si fa parte, sapendo poi di attingere a risorse altrui nel momento in cui si avrà bisogno di più energia di quanta se ne sta producendo? Così facendo i picchi di consumo e la produzione altalenante basata sul fotovoltaico potrebbero essere compensati in modo migliore, riducendo i momenti in cui si attinge alla rete nazionale.
Di fatto verrebbe a crearsi una sorta di network P2P dell’energia, nel quale la produzione di ognuno è al servizio di tutti: una logica nuova, un paradigma rivoluzionario che per affermarsi dovrà giocoforza attendere miglior definizione tanto a livello di mercato quanto a livello legislativo.
Il progetto che Innovatec ha realizzato per questo scopo si chiama Progetto Smart e fa quello che dice: mette intelligenza nella produzione autonoma di energia, che di solito non si controlla.
Progetto smart
La creazione di una community di autoproduttori (pmi e privati) che grazie a un uso migliore della rete possono scambiarsi l’energia senza ricorrere alla rete elettrica ha già fatto parlare di una sorta di “Facebook dell’energia”: Pietro Colucci, presidente e AD del gruppo Sostenya, di cui Innovatec fa parte, ne sarebbe ben lieto, visto che sua intenzione è dar vita a un nuovo paradigma delle rinnovabili che punti sull’efficientamento in termini di produzione, stoccaggio, distribuzione e controllo dei consumi. La sostenibilità, tra l’altro, si accompagna spesso a fatturato e redditività più alti nel manifatturiero: lo dicono ormai tutti gli studi.
Questa efficienza intelligente della rinnovabile da energia solare passa dall’informatizzazione e da un migliore utilizzo delle infrastrutture di rete, grazie agli algoritmi – ecco perché il paragone con un social network – che monitorano tutta la produzione e il consumo di energia dell’edificio. Questi dati sono poi incrociati con informazioni che arrivano tramite web (ad esempio le previsioni del tempo), in modo da identificare dove e come l’energia viene prodotta e come può essere veicolata da un punto all’altro senza sprechi. Geniale.
Le possibilità di sviluppo e il vuoto legislativo
Mettere l’energia in comune è il passo tecnologico in premessa di una rivoluzione gigantesca: mettere in comune il Sole, riprodurre tecnicamente quanto il Sole, per sua natura, fa da sempre ispirando gli scienziati da secoli, cioè fornire energia in modo gratuito, globale, perenne e uniformemente. Tuttavia non si deve credere che sia così semplice, soprattutto considerando il quadro italiano, che non aiuta chi come Innovatec sta operando nel settore. Basti pensare al caso Sorgenia, uno dei più spiacevoli episodi di frizione tra politica e innovazione, che rischia di traumatizzare un settore che sta cercando di uscire con le proprie forze dal caos degli incentivi. Un vuoto legislativo confermato dallo stesso Colucci:
In Italia, in questo momento, stiamo vivendo un vuoto legislativo che non aiuta aziende come la nostra, che infatti esporta la propria tecnologia e sta lavorando molto con l’estero. I motivi sono tanti, ne cito uno: sulla carta non è possibile scambiare energia con più di un solo altro utente. La rete di prosumer che dalle loro smart home creano smart grid è tecnicamente non considerata. Però è possibile.
La sicurezza
Dal punto di vista tecnico è stato anche affrontato il problema sicurezza, tarlo dei primi dibattiti sulle smart grid, superabile soltanto con molto lavoro. La Innovatec, ad esempio, ha implementato l’architettura sia dal punto di vista del web che da quello hardware. Davide Scarantino, amministratore della società, tiene molto a precisare il livello raggiunto, che mette in campo sistemi operativi proprietari, crittografia, token.
Il web server è garantito da firewall Cisco e da altre security tipiche dei più moderni applicativi web based. A livello di hardware in campo, il nostro datalogger, che è il cuore del sistema, è appositamente un hardware embedded con sistema operativo proprietario. Per sua natura non ha dunque possibilità di essere riprogrammato nelle sue funzioni senza un completo aggiornamento di firmware da parte della casa madre. Inoltre non è raggiungibile dall’esterno e la connettività verso il data center è garantita dalla crittografia del provider di telecomunicazioni nazionale.
L’utilizzo delle nostre API prevede inoltre l’uso di certificati SSL dello stesso livello usato nelle transazioni bancarie.
Infine, nello scambio di messaggi sono inoltre presenti ulteriori sicurezze date da un meccanismo di token.
Se potremo scambiare energia, ha senso il capacity payment?
Di fronte a questo scenario tecnologico, si capisce come il tema del capacity payment è diventato in Italia un problema tutto politico, legato al rischio d’impresa di tycoon che hanno fatto investimenti ingenti in produzioni energetiche superate o superabili e che (non è una novità) rallentano l’innovazione. Detta in soldoni: nei confini nazionali si ragiona sulla remunerazione delle centrali termiche in perdita come se davvero fossero l’unica riserva di energia potenziale nei picchi di bisogno, ma la soluzione di Innovatec lo smentisce. Ecco perché va raccontata: non solo perché parla di quando un giorno ci scambieremo kWh, ma perché a determinare la maggiore convenienza dell’immettere energia nella rete nazionale piuttosto che trasferirla al membro di una propria community è l’ultimo filo al quale è appesa una montagna di denaro pubblico a sostegno di quello privato dei soliti noti.