Da tempo si discute della possibilità, tutt’altro che confermata dalle parti di Cupertino, dell’avvio di una produzione negli Stati Uniti. Qualche mese fa, ad esempio, è emerso come Apple possa aver chiesto a partner storici, quali Foxconn e Pegatron, di elaborare un piano preliminare e non vincolante, per analizzare i possibili costi di un trasferimento in patria della produzione. Sull’efficacia di un simile proposito, però, si è oggi espresso un dubbioso Terry Gou, presidente proprio di Foxconn.
Il ritorno della produzione negli Stati Uniti, cominciato da qualche anno con la finalizzazione di Mac Pro presso gli impianti texani di Austin, sembra essere uno degli obiettivi per il futuro di Apple. Non solo per rinforzare la fiducia e l’immagine del gruppo nell’opinione pubblica, ma forse anche date le recenti pressioni del Presidente Donald Trump, il quale in più di un’occasione ha accusato le multinazionali dell’hi-tech di preferire gli economici lidi cinesi anziché il know-how statunitense. Un simile progetto, però, si ritroverebbe oggi di fronte a notevoli ostacoli, così come Gou ha confermato questa mattina.
In occasione dell’inaugurazione di un nuovo impianto per la produzione di display, quest’ultimo nel sud della Cina, il presidente di Foxconn ha confermato di essere stato di recente a Washington, sebbene non vi siano indicazioni su un eventuale incontro con l’esecutivo a stelle e strisce. In merito alle indiscrezioni relative a un possibile investimento di 7 miliardi di dollari per impianti negli USA, Gou ha sottolineato come oggi manchi una precisa legislazione, nonché adeguati incentivi affinché una società cinese possa investire sul suolo statunitense.
Sono preoccupato dal fatto gli Stati Uniti siano in grado di risolvere tutte le questioni d’investimento in pochi messi. Gli Stati Uniti offrono incentivi per gli investitori esteri? Dovranno approvare dei decreti prima, dovremo attendere le autorità americane prendano una decisione.
Non è però tutto, poiché il tycoon conferma come il focus dell’azienda sia quello di continuare a investire in Cina, dove sta per finalizzare un grande distretto produttivo:
Vogliamo collegare Shenzhen, Guangzhou e il delta del Fiume delle Perle, le più larghe economiche regionali della Cina, grazie ai nostri 27 anni di esperienza. Stiamo portando tutta la nostra intera catena di fornitura qui.
D’altronde, potrebbe essere la stessa amministrazione Trump a fermare gli investimenti dall’estero, considerato come in campagna elettorale abbia ipotizzato degli ingenti dazi sia per i materiali importati per la Cina che una tassazione elevata per gli investitori provenienti da questo Paese. Un proposito che potrebbe non essere applicabile a livello di legge, comunque sufficiente per allontanare le attenzioni dei grandi colossi asiatici.