La produzione assegnata da Apple a Foxconn cresce a dismisura di mese in mese e il colosso asiatico starebbe pensando di aprire nuovi impianti. Si tratterebbe di una notizia tutt’altro che straordinaria, se non fosse per la locazione delle nuove strutture: non nell’ormai noto distretto di Shenzen, bensì negli Stati Uniti.
L’indiscrezione arriva da DigiTimes, portale ricco di rumor di provenienza asiatica anche se non sempre veritieri. A quanto pare, il chairman Terry Gou sarebbe intenzionato ad avviare dei programmi di formazione per gli ingegneri a stelle e strisce, per vagliare l’opportunità di aprire alcune sedi negli USA. E pare che si stiano avviando anche delle partnership produttive, dei veri distretti integrati tra università e fabbriche, con protagonista il Massachusetts Institute of Technology.
L’eventuale trasferimento di parte della produzione negli USA, dopo gli impianti già aperti in Brasile, pare colga il voto favorevole di Apple. La Mela cerca da mesi di allontanarsi dallo scandalo dello sfruttamento degli operai cinesi nelle fabbriche Foxconn e, nonostante gli sforzi come il coinvolgimento di The Fair Labour Association, degli impianti in terra natia placherebbero di certo le polemiche. Innanzitutto, perché gli Stati Uniti hanno regole ben più stringenti sul ricorso alla manodopera, quindi sarebbero eliminate alla base qualsiasi condizione di scarsa dignità dei lavoratori. Poi, perché da tempo l’opinione pubblica autoctona lamenta il fatto che una delle aziende al momento più ricche porti poco capitale all’interno dei confini della nazione.
Già lo scorso gennaio Tim Cook ha lasciato intendere la possibilità di ricorrere maggiormente alla manodopera qualificata statunitense, confermando come molti partner minori già producano all’interno degli USA. E ora sembra concretizzarsi un ulteriore passo, tanto che si parla di Los Angeles e Detroit come due dei papabili siti per le fabbriche.