Dal maggio 2014 qualunque cittadino del vecchio continente può chiedere la cancellazione dei risultati riguardanti la propria persona dal motore di ricerca, purché la richiesta soddisfi determinati requisiti. È il cosiddetto diritto all’oblio, pratica messa in atto in seguito ad una sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Una forma di tutela della privacy che consente di lasciarsi alle spalle fatti ormai irrilevanti per l’interesse pubblico, ma potenzialmente dannosi per la propria reputazione.
Oggi si torna a parlarne, più precisamente delle modalità di attuazione al di fuori dei confini continentali che bigG ha illustrato nel dettaglio con un intervento nelle scorse settimane. In sintesi, anziché estendere indistintamente ad ogni paese l’eliminazione dei risultati, si tiene contro del territorio da cui proviene la query per determinare se mostrare o meno un link in seguito ad una ricerca. Questo, secondo Google, garantirebbe un’adeguata tutela a colui che ha effettuato la richiesta, consentendo al tempo stesso a chi naviga da altri paesi di accedere all’informazione. Ecco l’esempio fornito.
Supponiamo di cancellare un URL dai risultati di una ricerca su John Smith nel Regno Unito. Gli utenti del Regno Unito non vedranno l’URL tra i risultati per le query che contengono “john smith”, effettuando la ricerca su ogni dominio Google Search, compreso google.com. Gli utenti che navigano dal di fuori del Regno Unito potrebbero invece vedere l’URL nei risultati quando cercano “john smith” su ogni dominio Google Search non europeo.
Un compromesso non accettabile secondo CNIL (Commission Nationale de l’Informatique et des Libertés), che oggi ha ufficialmente sanzionato Google con una multa da 100.000 euro per non aver esteso a livello globale la cancellazione dei link dalle SERP, almeno non nel modo richiesto.
La sanzione da 100.000 euro segue il rifiuto da parte di Google di soddisfare l’ingiunzione firmata da CNIL per estendere la deindicizzazione a tutte le estensioni dei domini del motore di ricerca.
La replica del gruppo di Mountain View non si è fatta attendere: la società californiana ha intenzione di ricorrere in appello contro la decisione, come comunicato attraverso le pagine del Wall Street Journal.
Siamo in disaccordo con l’asserzione dell’ente che afferma di avere l’autorità per controllare a quali contenuti le persone possono accedere dal di fuori della Francia.