La questione è sul tavolo da tempo: i grandi gruppi del mondo online e hi-tech operano in un territorio e versano le imposte in un altro (Irlanda e Lussemburgo su tutti), laddove più conveniente per via di una minore tassazione. Una pratica consentita e del tutto legale, va detto, ma che per ovvi motivi non è vista di buon occhio dal fisco di paesi come l’Italia, la Francia e il Regno Unito, che in più di un’occasione hanno già siglato accordi con le singole aziende.
Si parla di realtà dal giro d’affari enorme e globale come Google, Apple, Facebook o Amazon, solo per fare alcuni esempi. All’orizzonte si prospetta un cambiamento. Lo ha invocato Bruno Le Maire, Ministro dell’Economia e delle Finanze del governo francese, che intervenuto sulle pagine di Bloomberg ha sottolineato la necessità di fare fronte comune affinché in Europa possa essere definita una legislazione meno permissiva, in linea con quella già vigente negli Stati Uniti o in Cina, dove sistemi come Double Iris e Dutch Sandwich non sono ammessi né consentiti. Queste le sue parole.
L’Europa deve imparare a difendere i propri interessi economici in modo più deciso, come fanno la Cina e gli Stati Uniti. Non puoi beneficiare di un business condotto in Francia o in Europa senza pagare le tasse come fanno le altre aziende francesi o europee.
Il mese scorso Francia e Germania si sono sedute intorno a un tavolo per affrontare il problema e ne è uscita una proposta che sarà discussa a settembre nel corso di un meeting in programma a Tallinn (Estonia), a cui parteciperanno tutti i paesi membri. Il presidente francese Emmanuel Macron ha promesso un abbassamento della tassazione per le aziende fino al 25% entro cinque anni e l’invito rivolto agli altri stati è a fare altrettanto. Così, con un’imposta unificata a livello continentale, sarà più semplice gestire la riscossione dei tributi da parte dei colossi tecnologici.