Un fair use delle immagini quando non sono a scopo di lucro, così da introdurre anche in Italia il concetto di free panorama. La vicenda delle immagini di panorami e monumenti esterni sta diventando sempre più paradossale. A un giorno soltanto dal voto a Strasburgo sulle norme del copyright una buona notizia almeno va detta: l’Italia ha una norma sul free panorama, grazie a un emendamento al decreto Franceschini.
Bisogna ringraziare l’intergruppo parlamentare per l’innovazione, che è riuscito nell’intento di emendare – con voto bipartisan – il decreto che nel 2014 si è occupato della riproduzione delle immagini nei musei e negli spazi culturali. Invece di una legge nuova che avrebbe comportato molto tempo, i deputati sono riusciti a concentrarsi sulla proposta di Lorenzo Basso che nella commissione attività produttive e turismo ha sintetizzato, con la collaborazione di tutti, quel fair use che fa la differenza tra rigidità e flessibilità nell’applicazione dei diritti di riproduzione.
Com’è il free panorama italiano
Un semplice emendamento al comma 3 del decreto Franceschini di un anno fa cambia tutto, basta leggere con attenzione l’elenco delle eccezioni. Sono possibili utilizzi liberi delle immagini di scorci, edifici, monumenti:
Per finalità di studio, ricerca, libera manifestazione del pensiero o espressione creativa, promozione della conoscenza culturale.
Di fatto, rientrano tutti i casi del paradosso delle immagini sollevato nel dibattito alla Camera con Wikimedia protagonista: con lo studio e la ricerca via libera all’università, con la libera manifestazione del pensiero via libera a ogni forma priva di lucro e all’attività social stessa, per cui un utente pubblica consapevolmente un contenuto senza un guadagno diretto, e con la promozione via libera al concorso fotografico di Wikimedia e alla sua enciclopedia online.
Basso è convinto si tratti di un’ottima soluzione, che sana eventuali problematiche sollevate nell’ultimo anno e dota il paese di una legge sul free panorama. «Non è un cambiamento visibile perché di fatto anche prima tutti già si comportavano in questo modo», riconosce il deputato dell’intergruppo, «ma intanto si manda un messaggio». Resta l’Europa, e il voto di domani a Strasburgo. I colleghi del PSE sono stati informati dell’azione italiana, «e mi hanno spiegato che comunque quello di domani è un testo di indirizzo, non una norma europea. Quindi, anche se si votasse il testo senza togliere quell’emendamento, non vuol dire che dal giorno dopo smetteremo di avere il free panorama».
La logica sbagliata di Cavada
Tutto il problema sul free panorama nasce dalla posizione dell’eurodeputato dei democratici liberali Jean-Marie Cavada. Di recente l’uomo ha anche difeso la sua posizione spiegando che per lui sullo sfondo c’è il rispetto del copyright da parte delle grandi piattaforme. Solito discorso, purtroppo molto diffuso, cioè l’idea che l’utente vada difeso dalla sua ingenuità di produttore di contenuti gratuiti dentro siti online (social network in particolare) che ne traggono profitto.
L’idea di fondo è sbagliata perché lascia in campo soltanto la copia privata e l’inclusione casuale di un panorama. Veramente troppo poco rispetto all’uso comune dei device e delle immagini da questi catturate. Agli utenti non importa che teoricamente una riproduzione di un’immagine comporti un guadagno a una piattaforma, perché gli viene fornito in cambio un servizio. La discussione andrebbe spostata sulla trasferibilità dei contenuti e sul rispetto delle persone, non su una pratica impossibile di estensione universale del copyright fino a soffocare lo stesso web e il pubblico dominio.
Ma comunque vada domani a Strasburgo, ora l’Italia un free panorama ce l’ha. E da qui si riparte.