L’unica certezza è che i colpevoli sono stati arrestati dall’FBI ma ogni dettaglio ulteriore è avvolto nel più fitto mistero. Trova una fine parziale il furto del codice di Half Life 2, titolo attessissimo dalla comunità dei videogiocatori il cui codice sorgente è stato trafugato lo scorso Settembre.
È l’11 settembre 2003. Gabe Newell, CEO Valve, nota una strana attività sul proprio sistema informatico: attacchi mirati, keyloggers, uno strano clima. Poi l’imponderabile: il codice della seconda puntata di uno dei giochi più premiati della storia è in rete prima ancora del rilascio. L’uscita viene rinviata, iniziano le indagini. Fin da subito Newell fa appello alla collaborazione dei fan del gioco, affinchè chiunque può porti il suo aiuto agli inquirenti.
Qualcosa si è smosso quando dalla Germania è giunta notizia di un fermo relativo al caso Agobot. Qualche correlazione sembrava esserci con il caso Half Life 2, e nella nebulosità degli ultimi eventi sembrano emergere conferme dei rumor di poche settimane or sono.
Improvvisamente la svolta: non sono trapelati né nomi né modalità d’arresto, né tantomeno è emerso alcun particolare riguardo alle circostanze che hanno portato al gruppo indiziato, ma l’arresto è confermato dalle parole stesse di un Newell ovviamente entusiasta. Quest’ultimo ringrazia inoltre proprio quei fan cui aveva inizialmente fatto appello, lasciando sottilmente emergere una pungente critica verso gli organi di giustizia: «è straordinario vedere con quale velocità e abilità i gamers abbiano risolto ciò che è un problema tradizionalmente irrisolvibile per le forze della legge preposte a questo tipo di crimine informatico».
L’idillio con la propria utenza continua infine con un ulteriore ringraziamento: «noi tutti qui alla Valve sappiamo cosa dobbiamo alla comunità di gamers». Tutto ciò a pochi giorni di distanza dal rinvio ulteriore dell’uscita del videogioco, notizia che ai gamers non ha invece sicuramente fatto troppo piacere.