Una ridda di voci sta mandando in giornata le azioni Telecom Italia sulle montagne russe. Voci di palazzo prima, smentite di palazzo poi, il tutto con baricentro sulla presunta fusione tra l’incumbent italiano e Telefonica. La situazione è di stallo: le voci uscite in mattinata hanno avuto come contraltare le smentite d’ufficio da parte del Governo, ma la tesi argomentata dalla stampa è sufficientemente articolata e dietro alle supposizioni potrebbe esserci qualcosa di più.
Le voci uscite in mattinata sono quelle di una approvazione, da parte del Governo, della fusione tra Telecom e Telefonica. Il Governo, però, avrebbe posto alcuni paletti, il principale dei quali sul controllo della Rete (asset fondamentale che l’Italia non può permettersi di lasciare in mani straniere). Spiega La Repubblica: «Nei prossimi giorni l’esecutivo convocherà i vertici di Telecom Italia. Il ministro per lo Sviluppo economico, Claudio Scajola, insieme al sottosegretario alla presidenza del consiglio, Gianni Letta, e al viceministro, Paolo Romani, chiamerà l’ad Bernabè e il presidente Gabriele Galateri, per spiegare la posizione del governo. Un incontro, solo formalmente di cortesia, ma che costituisce un passo pesante: nessun imprenditore straniero può investire in un settore così delicato e “sensibile” senza il via libera di Palazzo Chigi. E in questo faccia a faccia gli uomini del presidente del consiglio annunceranno a Bernabè la disponibilità ad accettare la “fusione”».
I dettagli finanziari dell’operazione sono così illustrati da Milano Finanza: «Gli spagnoli non pagherebbero in contanti, ma in azioni Telefonica e le azioni di Telecom Italia verrebbero valutate con un premio del 25-30% rispetto al prezzo di mercato. A detta degli analisti l’intensificarsi dei rumors e dei dettagli operativi relativi a un possibile deal sostengono ulteriormente l’appeal speculativo sul titolo Telecom Italia. Mediobanca questa mattina ha ribadito sulla base dei fondamentali il rating outperform e il target price a 1,35 euro sull’azione TI, “ma se la notizia del benestare del Governo dovesse essere confermata ci aspettiamo che il titolo si rafforzi ulteriormente”».
Più tardi con una nota ufficiale il Governo avrebbe smentito qualsiasi coinvolgimento nella questione. Ma si tratta di una presa di posizione formale e dovuta, che il Governo non può far altro che smentire: «In merito alle presunte rivelazioni di Repubblica che individuano palazzo Chigi coinvolto nella vicenda Telecom, la presidenza del Consiglio smentisce nella maniera più totale: nessun incontro, nessun contatto, nessun paletto come riferito nell’articolo».
Immediata la reazione anche dell’opposizione, la quale per voce dell’ex-ministro per le Comunicazioni Paolo Gentiloni fa sapere che non è soltanto una questione di italianità, ma anche e soprattutto una questione di serietà d’approccio e di trasparenza: «Mi riferisco all’ipotesi di costruire attorno alla Rete e al piano industriale della sua modernizzazione una società che mantenga una presenza di riferimento di Telecom ma veda l’ingresso degli altri operatori, di capitali pubblici veicolati dalla Cassa Depositi e prestiti, di altri capitali. A questa ipotesi dovrebbe corrispondere un quadro regolatorio a garanzia degli investitori diversi da Telecom certamente più robusto di quello di Open Access. A questa soluzione si potrebbe anche arrivare per gradi, sperimentandone le criticità su scala regionale».
Il nodo della Rete è ora più che mai centrale. L’infrastruttura è di forte interesse nazionale e non è possibile ipotizzare una gestione estera. Non solo: la Rete è oggi particolarmente vetusta e lo sviluppo di una NGN è la soluzione identificata per portare agli italiani performance adeguate. Chi si accollerà lo sviluppo della stessa? Il modello Open Access è quello perseguito fino ad oggi e potrebbe divenire l’impronta su cui plasmare il futuro, ma il tutto va interpretato nell’ottica di una fusione che in molti danno ormai per imminente.