Combatteranno l’abuso di Internet da parte dei terroristi. E per farlo chiederanno ai provider Internet maggiori sforzi per rimuoverne i contenuti. Così hanno scritto e firmato le sette nazioni più industrializzate nella conferenza di Taormina, siglando l’unica vera intesa del G7 appena concluso.
La Dichiarazione di Taormina sulla guerra al terrorismo (pdf) è stata presentata dallo stesso premier italiano Gentiloni come un successo della conferenza dei sette. Certamente era prevedibile che a poche ore dall’attentato a Manchester e con la presenza di Theresa May per la sola prima giornata di lavori, ci sarebbe stato un documento condiviso più forte sul tema terrorismo. La risposta, com’era naturale attendersi, prevede due vie: la battaglia sul campo fisico e quella contro la propaganda online. In questo secondo sforzo, i leader hanno in buona sostanza semplificato al massimo il concetto, togliendo di torno analisi sulla contro-propaganda e sul pericolo di censure e puntando dritti ai provider di servizio Internet. La morale implicita in questo documento è che siccome ispezionano già i pacchetti e la neutralità della rete è ormai un discorso più teorico che altro, tanto vale sorvegliare di più, scovare di più, possibilmente prevenire di più.
#G7Taormina, firmata la Dichiarazione di sicurezza. Impegno nella lotta al terrorismo, da Manchester all'Egitto https://t.co/efbHIiyJCG pic.twitter.com/VfUUululSS
— Paolo Gentiloni (@PaoloGentiloni) May 26, 2017
Cosa dice il documento
Pur essendo uno dei risultati tecnologici più importanti negli ultimi decenni, Internet ha dimostrato di essere «un potente strumento per scopi terroristici». Così inizia il quinto paragrafo del comunicato congiunto di Italia, Regno Unito, Francia, Germania, Usa, Canada e Giappone. Poi subito la richiesta agli Isp:
Il G7 chiede ai fornitori di servizi di comunicazione e alle società di social media di aumentare notevolmente i propri sforzi per affrontare i contenuti terroristici. Incoraggiamo l’industria ad agire con urgenza nello sviluppo e nella condivisione di nuove tecnologie e strumenti per migliorare l’individuazione automatica dei contenuti che incitano alla violenza e ci impegniamo a sostenere gli sforzi del settore in questo senso, incluso il forum per combattere l’estremismo online.
Si nota subito la doppia destinazione: provider e social media, fornitori di connettività e social network, ciascuno a modo loro conservatori di dati sensibili. Nonostante siano così diversi, per infrastruttura e policy, e anche rispettive leggi sulla loro autonomia, nel documento sono insieme oggetto delle attenzioni dei grandi della Terra. Non che manchi qualche riga anche sulla narrazione dei propri valori positivi e la lotta socioculturale alla radicalizzazione, ma al fondo si ribadisce che in questo Web bisogna metterci mano.
Una delle poche cose su cui al G7 sono tutti d'accordo: mutare i provider in sceriffi antiterrorismo. pic.twitter.com/cefp4Vm2lS
— Fabio Chiusi (@fabiochiusi) May 26, 2017
Sarzana: l’inerzia della rete è cambiata
Quando gli impegni sono così generici, ma da parte di potenze che hanno tutto il potere necessario per stravolgere le regole, cosa si deve pensare? Soltanto aria fritta ben confezionata, oppure un cambiamento vero? Fulvio Sarzana, avvocato esperto di Rete e diritti (stasera alle 22.45 sarà ospite della trasmissione Kudos di Rai4 dove parlerà di copyright online) che ha lavorato spesso con gli Isp, non è affatto stupito del documento di Taormina: per lui è un altro segno di un cambiamento di inerzia. «Fino a due o tre anni fa certe attenzioni avevano ancora forza, oggi siamo in una fase storica completamente opposta: non c’è più rispetto per la delicatezza della questione, veri o finti che siano i “problemi” OTT e provider sono entrati nell’agenda politica». L’ansia generata nella politica, secondo Sarzana, è rappresentata dalla forza che si riconosce alla realtà del web e la necessità di sorvegliare. «Questa inerzia porta a dire cose a cui nessuno avrebbe mai pensato, o che avrebbero prima scatenato proteste: qualcuno ricorda le notti del Web? Chi le fa più?».
Concretamente, cosa potrebbero chiedere i potenti del mondo a chi opera in Rete contro il terrorismo? «Fino ad oggi una pesante attività di monitoraggio e sorveglianza preventiva non è stata fatta, però ricordiamolo: la Rete si può monitorare, ad esempio con la Deep Packet Inspection, che costa tantissimo e finora è delegata sui servizi specializzati. I governi dicono: fatelo per la collettività». Gli obiettivi che stanno spostando sempre più in là i limiti dell’intervento governativo, in nome della facilitazione dell’attività di intelligence (salvo poi scoprire che questi terroristi dalle intelligence sono sempre noti) è sorvegliare, bucare i dispositivi, anche eliminare Tor: nuova ossessione che viene specialmente da Londra di questi tempi ma piaceva anche ai francesi. «La mia opinione», spiega Sarzana, «è che il dibattito futuro sarà tra nodi centralizzati e nodi decentrati, dentro una battaglia per la privacy che si innesterà con quella dell’informazione».