Gatti, l'intelligenza artificiale si specializza

A Campus Party Italia 2019, Nicola Gatti ha ripercorso le tappe fondamentali dello sviluppo dell'intelligenza artificiale.
Gatti, l'intelligenza artificiale si specializza
A Campus Party Italia 2019, Nicola Gatti ha ripercorso le tappe fondamentali dello sviluppo dell'intelligenza artificiale.

Dall’imitation game di Turing a un nuova paradigma che vede la ricerca concentrarsi sulla capacità dell’intelligenza artificiale di fare, molto bene, una singola cosa: Nicola Gatti, direttore Osservatorio Artificial Intelligence del Politecnico di Milano, a Campus Party 2019 ha ripercorso le tappe fondamentali di quelli che potremmo definire i primi 60 anni di intelligenza artificiale. Registrando un cambio di paradigma fondamentale: «L’obiettivo della ricerca non è più emulare l’uomo. E’ concentrarsi su un problema specifico: dateci un problema risolviamo quel problema specifico».

Si tratta di un tema interessante, ad esempio, se inserito in un contesto di trasferimento alle imprese dell’intelligenza artificiale. Partendo dal presupposto che, in base ai dati dell’Osservatorio diretto da Gatti, il settore è agli albori in Italia (spesa per lo sviluppo di algoritmi nel 2018, 85 milioni di euro), ma (forse anche per questo) le potenzialità sono notevoli. Come testimoniano alcuni settori specifici: assistenti virtuali (fatturato 2018 in Italia, 60 milioni), robot collaborativi (fatturato 2018, 145 milioni). In ogni caso, il discorso sulle nuove strategie di ricerca è importante perché il 58% delle imprese italiane associa l’AI all’emulazione della mente umana, un terzo (35%) a un gruppo di tecniche come il Machine Learning, solo il 14% al lo sviluppo di sistemi dotati di capacità tipiche dell’essere umano. Poco meno di un terzo, 32%, associa in modo esplicito l’intelligenza artificiale ad uno dei suoi principali campi di applicazione, dimostrando una conoscenza circoscritta del fenomeno.

Spieghiamo bene dunque il cambio di paradigma avvenuto. Le macchine intelligenti, ovvero dotate di intelligenza artificiale, vengono programmate per fare in modo molto preciso una singola cosa, insiste Gatti. Uno spostamento, rispetto ad anni di ricerca che si concentrava, appunto, sul testo di Turing. In base al quale l’intelligenza artificiale emula l’uomo a tal punto che non si distingue dall’umano. Il testo di Turing, o imitation game, si basa appunto sul seguente principio: la macchina è intelligente quando un umano non distingue nitidamente le sue risposte da quelle di un uomo.

La nuova ricerca sull’intelligenza artificiale, e sulle sue applicazioni, si concentra invece su un paradigma diverso, rivolto alla specializzazione. Altro campo di studi all’avanguardia, come far prendere decisioni alle macchine. Fra le ultime frontiere, Gatti cita l’esempio di Pluribus, successore di Libratus. Un’intelligenza artificiale che gioca a poker e ha battuto i più bravi professionisti. L’evoluzione da Libratus, 2017, a Pluribus, è rappresentata dalla capacità di quest’ultimo di vincere una partita fra cinque giocatori allo stesso tavolo. Libratus era in grado di giocatore solo contro due giocatori. Fra le due versioni, pardi capire, c’è stato un salto anche sul fronte dell’intelligenza artificiale. Libratus sostanzialmente sceglieva come giocare analizzando tutte le possibilità fino alla fine della partita. Pluribus (che ha battuto 15 professionisti ai più alti livelli giocando circa 10mila mani in 12 giorni), è programmato per prendere decisioni più complesse, (in termini molto semplici, costruisce una strategia giocando contro se stesso), non necessità di analizzare tutti gli sviluppi possibili, ed è in grado di bluffare.

Il gaming è un terreno di ricerca e sperimentazione, ma le applicazioni non mancano poi nel mondo del business: ottimizzazione campagne pubblicitarie, pricing automatico con gli algoritmi, assistenti virtuali per suggerire ai consulenti i prodotti da offrire ai clienti.

E i prossimi 60 anni di intelligenza artificiale, come saranno? «Fra dieci anni non sara così diverso da oggi. Fra 20, non lo so sorride Gatti, che poi propone la sfida di Robocap, una challange scientifica che ha l’obiettivo di formare una squadra di calcio di robot in grado di battere i campioni del mondo. Quando? Nel 2050. Staremo a vedere».

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