Sono molti gli utenti che, sulle pagine di Facebook, rivelano informazioni riguardanti la propria vita privata, alle quali in altri ambiti non avrebbero nemmeno accennato.
Partendo da questo presupposto, due ricercatori del MIT hanno preso in analisi i profili di 1.500 utenti, rilevando che coloro che si dichiarano omosessuali tendono ad avere, nella propria lista dei contatti, un numero elevato di amici del medesimo orientamento sessuale.
Forti di questo dato, i due hanno sviluppato un algoritmo in grado di svelare le preferenze sessuali anche di quegli utenti che non avessero specificato tale voce tra le proprie informazioni, chiamandolo Gaydar.
I primi test condotti, però, non hanno restituito un esito troppo incoraggiante.
Su quasi 1.000 profili presi in esame, Gaydar è riuscito ad indovinare l’omosessualità di soli 10 utenti, tra l’altro tutti di sesso maschile.
L’esperimento, che forse andrebbe preso in considerazione da un punto di vista prettamente statistico e sperimentale, non ha comunque mancato di sollevare qualche polemica in rete, soprattutto laddove presentato in chiave discriminatoria.
In realtà, nonostante i non certo precisi risultati conseguiti dall’algoritmo in questione, la nascita di progetti come Gaydar rappresenta l’occasione giusta per valutare quanto l’immissione di dati riguardanti la propria vita privata sui social network, potrebbe finire per influenzare l’opinione altrui anche ben al di fuori delle pagine del Web 2.0.