Geek. La parola, come spesso in queste circostanze priva di un significato univoco e specifico, è usata per descrivere tutti coloro i quali fanno della tecnologia l’espressione massima delle proprie passioni. In generale mettiamola così: il “geek” ha l’ultimo telefonino inventato, ha un computer incredibile e prega il Dio del Wireless. Su una cosa però non sono d’accordo: il geek non è un solitario. Non è un asociale. Semplicemente vive una socialità diversa. E solo perchè vi è in qualche modo costretto.
Passare molte ore al-pc significa giocoforza limitare il proprio tempo non-al-pc. Se sei qui non sei lì, è ovvio. Ma non è un caso se una maglietta che rileva le reti wireless fa il giro dei media. Non è un caso se attorno ai geek spunta tutto un mercato di gadget, cappellini, t-shirt e roba varia. Non è un caso se si organizzano raduni e barcamp: i geek (o chi vi si avvicina nella definizione) vivono una socialità online perchè hanno scelto luoghi diversi, non perchè hanno negato la realtà.
In verità c’è una grande voglia di socialità, di incontro e di confronto. Anche nel reale. Per questo una maglietta con la scritta “i’m blogging this” non è solo un’espressione modaiola: è un segno identificativo, è un amo lanciato nel mondo reale per cercare un’altra anima geek che condivida lo stesso codice linguistico, lo stesso substrato culturale, e scambi uno sguardo d’intesa. E’ un segno d’appartenenza, in tutto e per tutto.
Se si parla di venature geek, insomma, c’è qualcosa da identificare oltre alla fredda passione per la tecnologia, all’insignificante gusto per lo strumento digitale o al vezzo di una maglietta che si illumina.